Cumhuriyet, libero Kadri Gursel uno dei quattro imputati ancora in carcere. Processo rinviato al 31 ottobre

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Kadri Gürsel è un uomo libero ma gli altri quattro colleghi di Cumhuriyet restano in carcere.
Il tribunale di Istanbul, al termine dell’ultima udienza del processo che coinvolge 18 tra redattori, avvocati e vertici editoriali di Cumhuriyet, storico quotidiano turco di opposizione, ne ha disposto la libertà vigilata in attesa della ripresa del processo il 31 ottobre.
Respinta la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati degli altri imputati, l’amministratore Akin Atalay, il direttore Murat Sabuncu, il giornalista investigativo Ahmet Sik e il contabile della testata Emre Iper.

Per tutti loro l’accusa è di ‘collegamenti a gruppi terroristici’. Per il procuratore che un anno fa ha chiesto l’arresto per i vertici del giornale sarebbero ‘sostenitori’, senza esserne ‘appartenenti’, del Partito dei Lavoratori Kurdistan (PKK), il Partito Frontale Liberazione Popolare Rivoluzionario (DHKP-C) e la presunta rete terroristica Feto, guidata dall’imam in esilio negli Stati Uniti Fethullah Gulen.

“Chiedo prima la mia liberazione e poi la mia assoluzione perché non c’è giustificazione per tenermi in prigione” ha detto al giudice Gursel, giornalista e direttore editoriale di Cumhuriyet, prendendo la parola in aula e rivendicando il diritto alla libertà di stampa.

Lui, come gli altri 17 membri del personale di Cumhuriyet pagano la linea critica del giornale nei confronti del presidente Recep Tayyip Erdogan, che mal digerisce le voci libere e da tempo ha avviato azioni repressive per imporre il bavaglio agli operatori dell’informazione non allineati.
Finora la 27ma Corte Penale del Tribunale di Çalayan a Istanbul ha emesso tre sentenze preliminari, rimettendo in libertà 14 imputati sottoposti a carcerazione preventiva e ha stralciato la posizione di altri due, che saranno giudicati in un altro processo.

Ad essere rilasciati alla fine del dibattito processuale iniziato lo scorso luglio Halan Karasibir, editorialista, Turban Gunay, redattore del supplemento settimanale sui libri, Mustafa Kemal Gungor e Butente Utku, avvocati, Guray Tekin Öz, rappresentante dei lettori, Haci Musa Kart, vignettista, Önder membro del comitato esecutivo. Erano già stati scarcerati qualche mese prima l’ex direttore Can Dundar, Gunseli Özaltay, redattore della rubrica economica, Hikmet Cetinkaya e Aydin Endin, editorialisti, l’ex redattore Butenti Yenen e l’editore Orhan Erinc.  

La posizione più delicata appare quella di Ahmet Kemal Aydoğdu, accusato di essere un ‘dirigente’ di Feto, la presunta rete guidata da Fethullah Gulen considerato ideatore del fallito golpe della 2016.

Se condannati dovranno scontare pene che vanno dai 7 ai 43 anni di carcere, alcuni ne hanno già trascorso uno in detenzione preventiva.     

I Pubblici ministeri hanno chiesto dai 7 ai 15 anni per l’ex direttore Can Dündar, l’attuale direttore Murat Sabuncu, Kadri Gürsel, Aydın Engin, Bülent Yener e Günseli Özaltay per “sostegno ad un’organizzazione terroristica armata non essendo membro”.

Per Akın Atalay, Mehmet Orhan Erinç e Önder Çelik, accusati di “aiutare un’organizzazione terroristica armata senza esserne membri” e per rivelazioni di segreto di Stato, dagli 11 ai 43 anni di carcere. Tra i 9 e i 29 anni per Bülent Utku, il vignettista Musa Kart, Hakan Karasinir, Mustafa Kemal Güngör e Hikmet Aslan Çetinkaya sempre per gli stessi reati.

Intorno a questo processo, seguito da numerosi osservatori e operatori dell’informazione, si è animata una grande mobilitazione internazionale.

L’aula del Tribunale è stata gremita nel corso di tutte le udienze. In particolare era presente una delegazione proveniente dalla Germania, che conta numerosi cittadini di nazionalità tedesca tra gli arrestati nel repulisti post golpe di Erdogan, tra cui i giornalisti Mesale Tolu e Deniz Yucel.
Tra le personalità di spicco che hanno presenziato alle varie udienze del processo Rebecca Harms, ex parlamentare dei verdi da sempre impegnata per la difesa dei diritti umani e il deputato dell’SPD Arne Lietz.
Ma soprattutto erano presenti diversi esponenti di associazioni internazionali per la libertà di stampa come IPI, l’International Press Institute, la Federazione della Stampa Europea e Reporter Senza Frontiere, con il suo segretario di Turchia Erol Onderoğlu.

Noi di Articolo 21 seguiamo sin dall’inizio questo come il processo a un altro giornale finito nel mirino di Erdogan, Zaman. E continueremo a farlo illuminando anche all’assemblea di Assisi del 29 e 30 settembre il tema della Turchia rilanciando la campagna contro il bavaglio turco.
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