Marilù Mastrogiovanni ancora vittima di offese

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Sono stati affissi nella notte tra il 25 e il 26 giugno, appena chiusi i seggi elettorali, dei manifesti sei metri per tre metri, abusivi, che rappresentano in veste caricaturale Marilù Mastrogiovanni sepolta in una fossa fino al collo. Alla giornalista, viene negata non solo l’identità fisica (è sepolta viva), ma non le viene neanche riconosciuta capacità intellettiva. Infatti chiede ad un uomo: “Scrivo, scrivo”? Come se fosse eterodiretta da un soggetto maschile. Questa inquietante e volgare rappresentazione che niente ha a che fare con la satira, è allo stesso tempo una minaccia e una denigrazione sessista, tipica di una cultura padronale e misogina, che la FNSI condanna.

E’ l’ultimo episodio di una campagna murale che è iniziata dopo la sua inchiesta sul clan Montedoro-Potenza, pubblicata in più puntate su Il Tacco d’Italia, giornale che ha fondato 15 anni fa e che dirige.
Il suo lavoro negli anni ha fatto luce sulla zona d’ombra dove si connette la sacra corona unita con la pubblica amministrazione e l’impresa.
All’indomani della pubblicazione, che parlava del consenso sociale di cui godeva uno dei due boss, ucciso con una raffica di kalashnikov nel più frequentato centro commerciale del paese, diversi manifesti a firma “l’amministrazione comunale” la accusavano di infangare il buon nome della città, promettevano querela e invitavano la cittadinanza a “reagire” contro la giornalista.

Con una raccolta firme colleghe e colleghi chiedevano la rimozione dei manifesti; richiesta ribadita da Assostampa a cui l’amministrazione comunale non ha risposto.
Stesso tono, stessi concetti, su un altro manifesto sei metri per tre, abusivo, affisso la sera prima del voto amministrativo.
La giunta comunale di Casarano all’unanimità ha dato incarico ad un avvocato per querelare la collega per le sue inchieste, mentre un consigliere comunale, dopo la pubblicazione di un’inchiesta in cui Mastrogiovanni riportava i contenuti di un’informativa dei Carabinieri che lo definivano “contiguo e assonante” al clan Montedoro-Potenza, dopo averla minacciata su Facebook, si è dimesso.
L’intera campagna elettorale del sindaco, riconfermato alle ultime amministrative, è stata improntata sul negazionismo della mafia e sulla condanna di chi infanga il buon nome della città, denunciando la mafia, cioè la giornalista.
Il problema cioè non è la mafia, ma la stampa che ne parla.
Intanto poche settimane fa a Casarano e dintorni sono state arrestate 14 persone del clan della sacra corona unita, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia (pm Guglielmo Cataldi).
Marilù Mastrogiovanni, che si è distinta negli anni per le sue inchieste, ha ricevuto numerosi premi: tra gli altri, ha ricevuto il premio Articolo 21; un suo medio-metraggio è stato premiato e finanziato dal premio “Ilaria Alpi-Biocr” e trattava delle mafie internazionali che fanno affari col traffico di esseri umani; due volte premio Campione-giornalista di Puglia; con altri colleghi minacciati ha vinto, con il libro “Io non taccio”, il premio Paolo Borsellino e il premio Piersanti Mattarella. La sua storia è stata raccontata da Rai1, nel documentario “Cose nostre”.
Mastrogiovanni ha ricevuto numerose minacce e querele temerarie, tutte archiviate e andrà avanti nel suo lavoro di denuncia delle mafie. E’ difesa dall’avvocato Roberto Fusco del foro di Brindisi, con l’avvocato Andrea Di Pietro di Ossigeno per l’Informazione e lo studio degli avvocati Sisto della FNSI.


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