Sul voto francese incombe una nuova “strategia della tensione”?

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Troppo semplice e eterodiretta l’analisi dei media e dei servizi di intelligence francesi nell’addossare l’ultimo atto terroristico ad un “pazzo isolato” di origine araba, ad un “lupo solitario” dell’ISIS. Proprio nel giorno dell’ultimo dibattito TV tra i maggiori contendenti alle Presidenziali di domenica prossima e a due giorni dalla scoperta, quasi miracolosa, di un covo a Marsiglia di islamisti che preparavano un attentato contro il leader dei Repubblicani, l’indagato François Fillon, ecco riapparire il marchio nero del terrorismo islamico. Per molte ore si era accredita anche la pista di un secondo componente del commando, proveniente dal Belgio, sede logistica degli emuli del Califfato.

Niente di più erroneo! La pista del Belgistan (come viene ribattezzato il Belgio, per l’indesiderato record di Bruxelles, capitale europea a più alta concentrazione di abitanti islamici, il 40%), è svanita come neve al sole: il sospettato “combattente belga” si è presentato spontaneamente alla polizia di Anversa per essere scagionato.

Ricostruendo il curriculum vitae di Karim Cheurfi, l’attentatore, si scoprono alcune incongruenze. Arrestato nel 2001 per tentato omicidio di alcuni poliziotti, anziché scontare una pena di 20 anni esce “per buona condotta” dopo solo 5 anni. Più tardi ha avuto ancora a che fare con piccoli crimini e altri scontri con la polizia. Di nuovo arrestato e condannato a 4 anni, ne sconta 2 e viene rilasciato in libertà vigilata fino all’autunno del 2017. Non risulta ai servizi segreti francesi che si sia “radicalizzato” durante la prigionia ai dettami dell’ISIS, almeno fino a dicembre 2016, quando viene segnalato all’intelligence come un probabile affiliato, ma con l’esplicito obbiettivo di uccidere poliziotti. Come lui, però, ci sarebbero almeno 4 mila “Segnalati” arabi in Francia, di cui la metà etichettati con la lettera “S” dalla DGSI, l’antiterrorismo di Parigi. Cheurfi era sempre in cerca di armi e si dichiarava “nemico giurato” dei poliziotti: avrebbe dovuto seguire anche terapie psichiatriche, ma intanto continuava a commettere furti. Uno psicolabile buono per qualsiasi fine in mano ad organizzazione terroristiche, ma anche strumentalizzabile da settori deviati dei servizi segreti.

Certo, da molti anni l’intelligence transalpina non brilla più per la sua efficacia storica nel tenere sotto controllo gli ambienti del terrorismo e irredentismo islamico nel Maghreb e in Medio Oriente: i servizi italiani e britannici hanno dato prova di maggiore professionalità, almeno finora. E poi, dall’epoca della presidenza Sarkozy, qualche sospetto sulla deviazione dai compiti istituzionali è stato avanzato, specie dopo l’affaire Dominique Strauss Kahn, implicato nel “sexy gagate” del 2011 all’hotel Sofitel di New York. Pedinato dai servizi segreti francesi, DSK si rovinò la carriera di Direttore generale del FMI e la prospettiva di correre alle presidenziali del 2012 contro Sarkozy (che poi si trovò contro l’altro socialista Hollande), per i suoi vizi di carattere sessuale. Ma secondo alcune ricostruzioni, la cameriera di origine africana che lo accusò di stupro sarebbe stata ben “addestrata” da qualche 007 infedele proprio per rovinare DSK.

Sta di fatto che dall’attentato al settimanale satirico Charlie Hebdo, passando per le altre stragi al Bataclan e a Nizza, l’intelligence francese si è attirata molte critiche e più di qualche sospetto sulla sua affidabilità e lealtà. Troppi, inoltre, gli interessi nei settori energetici (petrolio, gas, nucleare) e nel traffico delle armi che alcune società, rappresentanti dei “poteri forti” di Parigi, hanno con i paesi arabi, perché non siano scaturite collusioni tra apparati dell’intelligence, ambienti affaristici e governativi islamici!

“Cui prodest” l’attacco di giovedì sera, tra l’altro irritualmente rivendicato dall’ISIS come ben riporta un’analisi dettagliata di Le Monde di questo venerdì? Forse conviene ai candidati della destra, Fillon e Le Pen, in leggero affanno nei sondaggi contro il candidato di “centro-sinistra” Macron e quello della “sinistra radicale” Melenchon in rimonta? Tutto questo non gioca a radicalizzare lo scontro politico, alla vigilia del voto di domenica 23 aprile, spostando l’attenzione dalla crisi economica e dai problemi sociali alle politiche di integrazione per i migranti, alla paura per gli islamici e comunque degli stranieri, riducendo la libera circolazione in Francia e abolendo Shengen? E poi, perché non viene ricostruito il filo rosso del traffico delle armi clandestine che lega la più grande “oasi della malavita” maghrebina ed islamica di Marsiglia con gli ambienti fondamentalisti e la delinquenza comune francese?

Inoltre, se fosse tutta farina del sacco islamista, allora dovremmo pensare che esiste una centrale organizzativa eversiva sul territorio transalpino, o comunque in Europa, che riesce a giostrare le varie pedine, reperire armi, danaro, auto e materiale esplosivo, all’insaputa delle varie intelligence e delle stesse organizzazioni criminali che sovrintendono a questi “affari”? Ma una centrale del genere come potrebbe operare, senza essere intercettata, forse perché invia gli ordini tramite i “pizzini” per mezza Europa? Gli ultimi avvenimenti di Londra e prima ancora di Nizza (per non citare Dortmund con le bombe al pullman della squadra del Borussia) hanno lasciato seri dubbi sulla pista islamista, nonostante le rivendicazioni del Daesh. Le certezze dei servizi e delle forze antiterroristiche stanno cedendo. Qualcosa non quadra neppure a loro negli attentati, per poterli classificare senza ombra di dubbio opera degli emissari dell’ISIS.

Troppe piste non sono state seguite né sono state fatte analisi indipendenti dal contesto mediatico-politico, per capire se quello che sta accadendo è il colpo di coda dell’ISIS, che sta per essere sconfitto militarmente in Siria ed Iraq; oppure  si tratta di un aspetto tragico e inquietante di una nuova “Strategia della tensione”, per imbrigliare la protesta anti-establishment delle opinioni pubbliche e orientare il voto (oggi in Francia, domani in Gran Bretagna e poi in Germania) verso partiti ed esponenti della destra nazionalista, xenofoba ed euroscettica. Il voto di domenica ci potrebbe inviare un primo segnale.


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