Fake news e libertà di stampa, la disinformazione all’italiana in quattro punti

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Sarà pur vero, come riportato dall’annuale rapporto di Reporters sans Frontieres, che il nostro Paese ha migliorato e di molto la propria condizione relativa alla libertà di informazione, balzando dal 77° al 52° posto nella classifica mondiale. Nonostante questo, l’Italia si colloca agli ultimi posti nell’Unione Europea. Il primato, invece, continua ad appartenere alla Finlandia, paese in cui le condizioni di lavoro per i giornalisti sono le migliori al mondo. Sarebbe davvero interessante, poi, stilare una classifica di quali siano i paesi al mondo che continuano, forti della convinzione che la libertà di espressione sia un diritto di tutti, a fare dell’informazione una pratica ‘disinformata’. Proprio così, perché il rischio che all’Italia venga assegnato il primato della disinformazione non è poi così lontano.

Ancorati all’etnocentrismo fai da te e convinti che, in quanto liberi, possiamo esprimere qualunque opinione, crediamo di aver acquisito anche il dovere di raccontare ciò che vogliamo, dimenticando troppo spesso che le notizie dovrebbero essere prima verificate. Oggi siamo tutti giornalisti. Qualcuno serio che si attiene alle regole deontologiche per fortuna ancora si trova, ma il vero dramma è che giovani blogger hanno la presunzione di atteggiarsi a giornalisti esperti facendo delle proprie convinzioni dei dati di fatto, per poi far cadere nella trappola migliaia di lettori. Questo genere di informazione falsata diventa “pura disinformazione” ed è ormai all’ordine del giorno: dalle fake news alla manipolazioni delle notizie, spesso i mezzi di comunicazione non ci raccontano la verità.

Se oggi molti italiani si trovano ad avere idee confuse su molti temi, quali terrorismo, Islam, immigrazione, politica, sanità e tanti altri, è proprio perché l’informazione ha voluto creare questa realtà. Chissà se riusciremo mai a sapere se in buona o cattiva fede. La comunicazione in senso generale e con essa l’informazione, sia giornalistica sia televisiva, rappresentano un grande potere che porta con sé una responsabilità altrettanto grande. Tale responsabilità è nelle mani degli operatori, siano essi giornalisti, broadcaster o opinion leader, i quali, veicolando un messaggio verso un pubblico di fruitori più o meno vasto, hanno il dovere della completezza, dell’obiettività e dell’imparzialità. Anche quando il messaggio stesso è contestualizzato dall’opinione, legittima, di chi comunica.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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