Fnsi al convegno “Giornalismo e bufale”, Lorusso: “Le notizie false disonorano la professione. Subito una campagna contro il linguaggio dell’odio”

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«Le bufale e la pubblicazione di notizie false sono un elemento di disonore del giornalismo e non possono essere considerate un elemento costitutivo della professione». Lo ha detto Raffaele Lorusso, segretario generale della FNSI, nel corso del convegno su “Giornalismo e bufale”, questa mattina alla Camera dei deputati. «Chi, come la FNSI, si batte contro ogni forma di bavaglio, contro ogni intervento di carattere autoritario per comprimere la libertà di espressione e il diritto di cronaca, contro le querele temerarie – ha detto – non può non essere in prima linea in un’azione di contrasto quotidiano alle bufale e alla violenza verbale».

Riferendosi all’appello rivolto dalla presidente della Camera, Laura Boldrini, Lorusso ha annunciato che la FNSI avvierà in sede nazionale e internazionale una campagna contro il linguaggio dell’odio. «La nostra prossima battaglia – ha sottolineato – sarà contro l’hate speech, il linguaggio dell’odio, la porteremo avanti insieme con i colleghi della Carta di Roma, da sempre in prima linea su questo tema: promuoveremo un’iniziativa con le organizzazioni internazionali dei giornalisti da celebrare a Roma in occasione del sessantesimo anniversario della firma dei trattati europei. Le notizie false sono spesso l’anticamera del linguaggio dell’odio. Tutto questo non ha niente a che vedere con la libertà di espressione e con l’articolo 21 della Costituzione. I giornalisti hanno il dovere della verità e del rispetto della dignità delle persone. Pretendere il rispetto dei doveri significa ridare dignità e decoro alla professione e rafforzare le battaglie per la libertà di espressione e contro qualsiasi forma di bavaglio. Per essere credibili e riacquistare autorevolezza nell’opinione pubblica bisogna isolare e sanzionare chi diffonde falsità e alimenta il linguaggio dell’odio: avevamo proposto per questo l’istituzione del Giurì per la lealtà dell’informazione, ma c’è chi ha lavorato per affossarlo».


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