La concessione alla Rai rinnovata (anzi prorogata) fino al 31 ottobre 2016 con procedura semiclandestina

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Da molti mesi si parla e con insistenza del rinnovo della concessione-Rai.  Secondo l’art. 49 del Testo Unico della radiotelevisione questa concessione scade il 6 maggio 2016. In previsione di questa scadenza, Articolo21, grazie all’iniziativa di Renato Parascandolo, ha condotto un’amplissima consultazione nelle scuole italiane per far partecipare gli studenti ad un lavoro “democratico e pubblico” di definizione della missione della Rai. I risultati di questo lavoro sono stati presentati solennemente al Presidente della Repubblica.

Il Governo da parte sua ha impiegato più di otto mesi per approvare la legge n.220 del 2015 sulla nuova governance della Rai, centrata sul potere assoluto dell’AD di nomina governativa, ma non ha toccato l’art.49 del TU e non ha usato la “legge”, come sarebbe stato logico e doveroso, per rinnovare la concessione alla RAI.

La mossa a sorpresa è arrivata nei primi giorni di aprile attraverso un atto del tutto clandestino, come un parere parlamentare su uno schema di decreto delegato in materia di appalti (Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici).

Si legge nel testo che “tenuto conto della specialità della disciplina relativa all’affidamento del servizio pubblico radiotelevisivo”, nonché di quanto disposto dall’art.5, comma 5, l.n.220/2015 “il Governo provveda a disporre la proroga dell’attuale concessione del servizio pubblico radiotelevisivo  per il periodo di tempo strettamente necessario ad esperire la consultazione pubblica e a procedere all’aggiornamento del quadro normativo in materia di affidamento della concessione del servizio pubblico radiotelevisivo multimediale, e comunque non oltre il termine del 31 ottobre 2016.

La giustificazione di questo contorto itinerario (tra l’altro affidato al “Governo”, anzichè alla “legge”) sarebbe quello di completare un’altrettanto clandestina consultazione (mentre la legge n.220/15 parla di una consultazione “pubblica” sugli obblighi del servizio medesimo, garantendo la “più ampia partecipazione”) e di completare l’iter di una delega contenuta nella stessa legge che affida ancora una volta al Governo un potere normativo senza adeguati criteri direttivi.
Avevamo capito che si voleva tenere la Rai nella disponibilità esclusiva del Governo. Quello che ci era sfuggito e che ora, dopo questa mossa, appare chiarissimo è rappresentato dal fatto che anche la pubblicità e la partecipazione danno fastidio ed è meglio fare tutto, scrupolosamente,  al riparo dai riflettori.


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