Umberto Eco: alessandrino, milanese, bolognese, cittadino del mondo, storico, semiologo, romanziere, giornalista o, per dirla in breve, poliedrica figura di intellettuale cui tutti noi dobbiamo qualcosa.
Umberto Eco e il suo capolavoro tradotto in ogni angolo del pianeta, Umberto Eco e le sue polemiche, il suo stile sapido, il suo giusto di giocare con le parole, di scomporle e ricomporle, di costruire storie e denunciare fatti e misfatti della nostra quotidianità.
Umberto Eco e la sua scomparsa: una perdita che graffia, ferisce, lascia attoniti e pervasi da un indescrivibile senso di solitudine.
Umberto Eco, con quella sua scintillante capacità di denunciare i costumi degradati di questa brutta stagione e di spingersi oltre, con la sua freschezza e la sua genialità, con il suo continuo ingannare la vita e il suo lasciarsi trasportare dagli eventi, con la sua magnifica abilità nello sfidare ogni ingiustizia e nel lanciarsi, a più di ottant’anni, in avventure che avrebbero sfiancato un ventenne.
Umberto Eco e la casa editrice che aveva da poco contribuito a fondare, insieme a Furio Colombo, Elisabetta Sgarbi e altre penne libere e indipendenti che non accettavano la concentrazione editoriale costituita da Mondazzoli e non si ponevano il problema se il colosso che si sta profilando virasse verso destra o verso sinistra: più semplicemente, si rifiutavano in maniera categorica di piegare l’arte, la letteratura e l’ingegno collettivo di un nucleo di intellettuali fra i più brillanti al mondo a logiche partitiche o di schieramento, scongiurando una patetica caduta in quel provincialismo infantile che da sempre caratterizza una parte delle nostre élite.
Umberto Eco: letto dappertutto, apprezzato ad ogni latitudine, i cui romanzi erano e continueranno ad essere dei best-seller ma anche vecchio saggio con la grinta di un ragazzo, con la sua fanciullezza, il suo spirito da eterno giullare ricco di serietà, la sua prontezza di spirito, la sua forza morale, la sua inquietudine e il suo rifiuto di cedere ad ogni rassegnazione.
Umberto Eco: non sempre ero d’accordo con le sue affermazioni ma proprio per questo lo stimavo, proprio per questo, leggendo i suoi articoli, viveva in me quel salutare gusto del confronto, del dialogo a distanza, dell’analisi critica, del dibattito proficuo, dello scandagliare ogni singolo concetto fino a trasformarlo in uno spunto di riflessione con cui arricchirsi, moralmente e culturalmente.
Umberto Eco che non c’è più e la drammatica sensazione di aver perso una gemma rara, un oggetto prezioso, una persona di famiglia, un signore dai modi garbati che non mancava mai nella nostra libreria e ci induceva a spingere lo sguardo oltre, ad andare lontano, a scorgere i paesaggi più reconditi dell’anima e gli orizzonti più nascosti del tempo.
Umberto Eco e quel suo concetto bellissimo secondo cui chi non legge vive una vita mentre chi legge ne vive innumerevoli, salendo a bordo di una navicella meravigliosa che lo conduce a spasso nei secoli.
Umberto Eco: indomito, corrosivo, esilarante, in grado di essere martello senza mai diventare incudine, di essere frusta senza mai crearsi eccessivi nemici.
Umberto Eco come Harper Lee, in uno dei giorni più tristi che la storia della letteratura ricordi.
Umberto Eco e la sua costante, intensa, ricercata passione per la bellezza e per lo spettacolo contenuto nell’esistenza stessa.
Umberto Eco: poche parole, un sentito e appassionato silenzio, il cordoglio per una perdita che si farà sentire e il desiderio sconfinato di onorarlo riprendendo la nostra partita a scacchi con il destino.