#MexicoNosUrge. Basta con il silenzio complice sulle persecuzioni in Messico: contro giornalisti, attivisti e donne

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I giornalisti uccisi sono talmente tanti da aver fatto guadagnare, ormai da anni, al Governatore di Veracruz il soprannome di mataperiodistas, l’ammazza-giornalisti. Ma non dimentichiamo che il Messico è anche il paese che tortura e uccide serialmente le donne: a partire da Ciudad Juarez, sorta di capitale mondiale del femminicidio; e anche in questo caso la connivenza delle autorità è totale, nell’inestricabile intreccio di interessi fra potere ufficiale e potere dei narcotrafficanti.

Il brutale assassinio del 31 luglio, preceduto da torture, di Rubén Espinosa e di 4 donne che hanno anche subito violenza sessuali (Nadia Vera, attivista, Yesenia Quiroz Alfaro, studentessa, Nicole Simon e Alejandra) è solo l’ultimo di un’infinita catena di episodi raccapriccianti. Basta: rimanere in silenzio, fingendo che il Messico sia solo un partner commerciale come tanti, è complicità. Per questo in tanti stanno raccogliendo questo appello: Il Messico ci chiama, il Messico ha bisogno di noi: #México
NosUrge.  Vent’anni dopo l’ingresso ufficiale nel primo mondo, con la firma del Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti d’America (nel 1994), il Paese sembra tornato agli anni Sessanta, con migliaia di persone vittime di sparizione forzata, e omicidi mirati nei confronti di giornalisti e attivisti. Non possiamo restare a guardare. [Qui il testo completo con l’elenco delle adesioni].
Sono oltre cento i giornalisti assassinati dal 2000 ad oggi; molti proprio nello Stato del Veracruz. Rubén e Nadia, che lavoravano qui, erano fuggiti proprio per le minacce ricevute da funzionari del governo, ma sono stati raggiunti e uccisi a Città del Messico. Il messaggio è chiaro: non si è sicuri da nessuna parte; tutti i giornalisti critici abbiano paura di essere raggiunti nelle loro case, torturati e ammazzati. Poi ci sono gli attivisti, i ragazzi e le ragazze fatti sparire (anche a decine per volta!), anch’essi torturati e uccisi. Tra il 2007 e il 2014 in Messico ci sono stati più di 164mila omicidi di civili. Negli stessi anni in Afghanistan e in Iraq si sono contate circa 104mila vittime. Il numero di persone sparite dal 2006 ad oggi (basandosi su dati del governo), supera le 30mila persone. Cos’altro deve succedere??
Sosteniamo dunque l’appello #MexicoNosUrge con tutto il cuore. Ricordando, nel contempo, ai promotori di non dimenticare, come sempre, le donne. Perché in Messico i giornalisti muoiono? Perché facciamo tremare con le nostre parole, risponde il giornalista Diego Enrique Osorno.
E le donne, perché muoiono? perché muoiono a loro volta ammazzate, e – sempre – prima torturate e violentate in ogni modo? Perché fanno tremare con la loro differenza.
Questa è la risposta – ammesso che vogliate davvero saperlo. E infatti, anche in questo caso, la donnità è una provocazione; lo è in sè, è un affronto a quel potere; che è totalmente maschile e profondamente patriarcale. Per questo anche la guerra sferrata in Messico da molti anni contro una legalità degna di questo nome, contro ogni libertà e contro i diritti, mette da sempre le donne in cima ai propri bersagli di elezione; insieme a chi i diritti li difende.
Non si adombri Mauro Biani (che è tra i firmatari), se abbiamo dunque sovrapposto 2 delle sue vignette, una delle quali specificamente dedicata all’appello, a una alla violenza contro le donne: per ricordare anche quanto sopra e, dunque, per sostenere l’appello #MéxicoNosUrge ancor più profondamente e decisamente, e andando, anche, ancor più al cuore del problema.

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