Il falso Rom in tv. Interviste truffa e scoop inventati

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“Le interviste a pagamento sono una eccezione o una pratica diffusa?” si chiede  Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, a proposito delle interviste – truffa televisive al finto Rom e al finto musulmano. Come è noto, in due programmi di Paolo Del Debbio su Rete Quattro – “Quinta Colonna” e “Dall’altra parte” – hanno (avrebbero) mandato in onda la stessa persona mascherata: una volta pagata per fingere di essere un rom che vende macchine rubate, un’altra perché dicesse di essere un musulmano a cui “non frega un cazzo” se i cristiani vengono sterminati. Il primo caso scoperto e rivelato da “Servizio pubblico” , il secondo da Striscia la Notizia, che ha addirittura intervistato l’attore in questione. Una volta smascherato, l’autore dell’imbroglio, Fulvio Benelli, non poteva che essere licenziato. E così è stato.
Quante altre volte volgari trucchi del genere per inventarsi uno scoop sono rimasti impuniti? Anche a me, come a Beppe Giulietti, “sembra difficile immaginare che il giornalista licenziato abbia ideato tutto da solo”.  Una conferma autorevole che non si tratta certamente di casi isolati viene dal segretario nazionale della FNSI Raffaele Lorusso che, sempre su “articolo 21”, non usa mezzi termini per descrivere la degenerazione professionale ed etica della nostra categoria: “Notizie false o costruite a tavolino, conflitti di interessi, commistioni sempre meno occulte fra informazione e pubblicità sono ormai la normalità di una professione che ha smesso di indignarsi e di servire la verità per essere credibile agli occhi dei cittadini”.
La proposta di un Forum ad Assisi fatta da Giulietti  sarà certamente utile per richiamare al senso di responsabilità dei colleghi e direi anche per prendere definitivamente atto dell’impotenza del nostro Ordine a far fronte ai suoi obblighi istituzionali. Ma “guardarsi negli occhi”, diciamolo, non è sufficiente. Perché all’origine di queste pratiche non c’è soltanto l’ignoranza voluta di elementari obblighi professionali. La “spettacolarizzazione” della cronaca e del dolore, per riprendere una frase dell’ex segretario dell’Usigrai ,Carlo Verna, ha una motivazione strutturale che non si può fingere di non vedere. C’è, come ho già scritto altre volte, un conflitto di interessi oggettivo tra i doveri di lealtà e di rispetto della verità sostanziale dei fatti da un lato e una concorrenza commerciale sempre più dura sul mercato editoriale e pubblicitario. Che si tratti di Auditel o di copie vendute, a decidere sono quasi sempre i numeri.
Dunque l’indignazione occasionale non basta e ormai neppure l’appello al senso di responsabilità. E’ il legislatore che deve individuare e creare un interesse contrario a quello oggi prevalente. D’altra parte, se da più di vent’anni il Parlamento si rifiuta di esaminare una riforma dell’Ordine dei giornalisti che dia  tutela efficace al diritto dei cittadini ad essere correttamente informati, è perché nel mondo politico e imprenditoriale ci sono ancora molte resistenze a qualunque tipo di condizionamento del potere degli editori e degli interessi reali che rappresentano. Alle ultime elezioni dell’Ordine ho votato per una lista che aveva per motto “o si cambia o si chiude”. Ci sono novità?


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