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Thailandia, quando a essere offesa è la monarchia

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Questa volta a essere “offesa” non è la religione islamica ma la corona thailandese. Il 23 febbraio un tribunale di Bangkok ha condannato a due anni e mezzo di carcere Patiwan Saraiyaem e Pornthip Munkong, due attivisti che nell’ottobre 2013 avevano messo in scena all’università Thammasat uno spettacolo, intitolato “La promessa sposa del lupo”, ambientato in una monarchia immaginaria.

Non c’entra il giro di vite inaugurato, lo scorso maggio, dalla giunta militare che ha preso il potere e introdotto lo stato d’emergenza. La legislazione sul reato di “lesa maestà” è preesistente. L’articolo 112 del codice penale punisce col carcere ogni azione o parola che “diffama, insulta o minaccia il re, la regina, gli eredi al trono o il reggente”.

Nel 2012 fece scandalo la vicenda di Amphon Tangnoppaku, un uomo di 61 anni morto di cancro in carcere dopo essere stato condannato a 20 anni di carcere per aver inviato sms offensivi nei confronti della regina.

Un altro caso riguarda Somyot Prueksakasemsuk (nella foto), arrestato nel 2011 a causa di due articoli giudicati offensivi verso la monarchia. Cinque giorni prima dell’arresto, aveva lanciato una petizione online per chiedere la revisione della legislazione sulla “lesa maestà”. Per 16 volte gli è stata negata la libertà provvisoria. Condannato nel gennaio 2013 a 11 anni di carcere, è in attesa del processo d’appello.


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