La riforma della Rai agli Stati generali dell’antimafia

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Appassionato e interessante il seminario sul servizio pubblico radiotelevisivo tenutosi durante gli “Stati generali dell’antimafia”, promossi da “Libera” di don Ciotti. Insieme ai paralleli gruppi dedicati alla diffamazione e alla battaglia per la legalità dalla finzione al reale, componeva il capitolo “Per un dovere d’informazione e democrazia” della riuscitissima edizione di “Contromafie”, tenutasi dal 23 al 26 ottobre.

Si è parlato a lungo del ruolo inedito e impegnativo che deve assumere la Rai con il vicino rinnovo della concessione dello Stato, previsto nel 2016. Ma il termine, secondo il governo, potrebbe essere persino anticipato di un anno. A maggior ragione, si riapra il dibattito pubblico, vincendo la deriva liberista e tecnocratica che avvolge argomenti vitali per la democrazia. In parte desuete, ormai, le vecchie ragioni economiche e tecniche che fecero propendere negli anni cinquanta per la scelta pubblica, oggi è necessario ridare senso storico e forza morale alla scelta pubblica. Come ha sottolineato l’associazione “Articolo 21” nella campagna lanciata con le scuole più di un anno fa per una nuova “Carta d’identità della Rai”, innanzitutto vanno rifondate le ragioni etiche e culturali di un moderno intervento pubblico: per una nuova alfabetizzazione degli italiani, che riconnetta ciò che si è disgregato ed eviti il crescere del “digital devide”, terribile realtà di un paese al penultimo posto in Europa per diffusione della banda larga. Inoltre, vanno illuminate le periferie, tanto quelle geografiche quanto quelle che afferiscono ai disagi e alle povertà. Ne hanno parlato  Giuseppe Giulietti, Vittorio Di Trapani, Valerio Cataldi, Fabrizio Feo e la stessa introduzione del “tutor” (chi scrive). Ancora. E’ doverosa una radicale riforma della governance aziendale, svincolandola da partiti, lobby, salotti e poteri palesi o occulti. Si tratta di immaginare un doppio livello di indirizzo e gestione –come propone il testo del “MoveOn”- centrato da un lato su di un consiglio rappresentativo di associazioni e mondo degli utenti (magari pure dei dipendenti della stessa Rai, è stato detto), con una ridotta espressione del Parlamento; dall’altro su di un ristretto consiglio operativo deciso dall’organismo largo. Quindi, nessuna elezione o nomina direttamente partitica. All’incirca come nella Bbc o in Germania. Il coinvolgimento dell’universo assiociativo è scelta ben diversa dalla generica consultazione, spesso genericamente evocata dal governo senza una pratica effettiva. Siamo per la società civile, non per la “folla”.

L’altro punto toccato, con contributi importanti di Elio Matarazzo, Francesco Devescovi, Stefano Luppi, Marco Mele e Natalia Lombardo, ha toccato lo scenario generale e il nodo dell’autonomia della Rai. Non è immaginabile tagliare le risorse senza neppure una strategia definita: dai 150 milioni di euro sottratti nei mesi scorsi, alle incertezze sulla misura del canone di abbonamento (che sia finalmente legato al reddito, ma non dimezzato, come si dice da ambienti di PalazzoChigi), alla messa sul mercato del gioiello di famiglia tecnologico “RaiWay”. E poi, è stato sottolineato, che senso avrebbe toccare la Rai senza riformare l’intero sistema, retto ancora dalla legge Gasparri di dieci anni fa? E il conflitto di interessi deve rimanere l’irrisolta piaga italiana? Lungo e appassionato il confronto, che merita di andare avanti, come ha detto puntualmente Marcella Sansoni nella sintesi dei lavori dei gruppi nella sessione plenaria di domenica, chiusa da un sempre formidabile don Ciotti.

Infine, Mara Filippi ha parlato della nuova edizione del “Premio Morrione”, dedicato ai giovani cronisti. Ottima e ragguardevole iniziativa. E sì, Roberto fu protagonista di “Libera” e rimane il riferimento per tutti noi, dandoci coraggio e voglia di ribellarci ai pensieri unici, alle censure striscianti, alle banalità dominanti.


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