Banane e bandane

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Dai “mangiatori di banane” citati dal candidato a divenire presidente della Figc, allo spot pubblicitario della t-shirt prodotta da un’azienda veneta riportante “io sono ancora vergine”, che indossata da una donna in chador in attesa d’essere lapidata, le salva la vita facendo così festeggiare i maschi che anziché garantirle morte certa si mettono a ballare: noi in Italia, stiamo ancora messi così. Del resto una recentissima indagine ha rilevato che in Europa siamo posizionati all’ultimo posto quanto a persistente omofobia. Ancora all’inizio di questo secolo il temine lo conosceva nessuno (un nostro senatore per esempio oggi dice che lui problemi con gli uomini sessuali non ne ha…). Altri esempi: con “marocchino” definivamo tutti gli arabi. Con l’11 settembre abbiamo imparato “Islam” e le storture si sprecavano. Sbucarono i “Pacs” e (orrore!) ci furono subito le manifestazioni delle famiglie bigotte comprese quelle d’alcuni parlamentari divorziati e risposati. Transitarono anche i “Dico”, ma pure quelli erano giusto comparsate. Nel corso di 14 anni qualcosina si è allentato e oggi siamo più disponibili a parlare seriamente dei (e diciamocelo) d-i-v-e-r-s-i in tutte le loro “specie”.  Sì, però ancora facciamo, per esempio, le vispeterese con le farfallette per allungare i tempi dell’eterologa, nonostante sentenza costituzionale e ire funeste dell’Europa.

Giusto un avvertimento: limitiamoci però nello strabuzzare gli occhi fingendoci scandalizzati a morte.
Ci vuole il tempo che i frutti maturino e siano sani. Dalla terra dei cachi e dalla repubblica delle banane (a volte ritornano) non è che si possa uscire con un colpo di bacchetta magica, eh?


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