Sei mesi fa la strage di Lampedusa.
Ma ben poco è cambiato nell’accoglienza

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Sono morti in 368. Tanti sono i corpi ripescati quel 3 ottobre 2013 a largo di Lampedusa. Erano donne e uomini. C’erano anche dei bambini. Molti sono rimasti senza nome, sepolti qua e là alla spicciolata, contrassegnati da un numero.  per i più piccoli c’era un orsacchiotto di peluche sulla bara. allora tutti abbiamo detto “mai più”. perché non era più possibile fare finta di non vedere e di non sapere. Quei corpi distesi uno vicino all’altro prima nei sacchi mortuari e poi nelle bare allineate nell’hangar erano troppi. Come il dolore dei sopravvissuti. I bambini di Lampedusa per mesi hanno disegnato il naufragio, con decine di teste e di braccia nel mare di casa loro. Il mondo intero ha raccontato la strage.
Da allora sono passati sei mesi. Ma poco e’cambiato nell’accoglienza, anzi abbiamo anche scoperto la vergogna delle “docce” antiscabbia con le pompe all’aperto, nudi nel cortile del centro. E la minaccia dell’accordo di Dublino pesa ancora sui richiedenti asilo che arrivano in un paese dove non vogliono restare.
Il 3 ottobre e’ ancora là perché non si può dimenticare quel che è successo e che continua a succedere nel mediterraneo. Perché l’Italia e l’Europa devono ripensare le politiche sulle migrazioni e sui rifugiati.
Intanto anche noi possiamo fare la nostra parte. Continuando a raccontare, a tenere i riflettori accesi sulla strage silenziosa di ogni giorno, sulla vergogna di un’accoglienza che tale è solo di nome.
Ma possiamo anche lavorare insieme perché il 3 ottobre diventi per l’Italia e per l’Europa la giornata dei rifugiati. Sono oltre 20 mila le firme finora raccolte. Ma oggi, a sei mesi dalla strage, la vogliamo rilanciare. perché anche i simboli sono importanti. E il 3 ottobre non è un giorno come gli altri. Non lo è stato per le 368 vite spezzate, per i superstiti, per le loro famiglie, per la gente di Lampedusa, e noi crediamo anche per l’Italia, per l’Europa e per il mondo.


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