Turchia: la paura di un tweet

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Dopo le leggi introdotte lo scorso febbraio che limitavano la libertà di espressione nel web, il 20 marzo, l’accesso a Twitter in Turchia è stato impedito. Gia due settimane fa Erdoğan aveva parlato della possibilità di censurare Facebook e Youtube ma l’altro ieri, durante un comizio elettorale nella città di Bursa, il primo ministro turco ha annunciato il blocco del social network: “stiamo andando a sradicare Twitter. La comunità internazionale può dire ciò che vuole, non mi interessa affatto. Vedranno la potenza della Repubblica turca”.

Presto è arrivato il comunicato stampa che affermava: “alcuni cittadini hanno chiesto di rimuovere link dalla rete, di conseguenza i tribunali si sono impegnati ed hanno preso le decisioni necessarie. Abbiamo contattato i responsabili di Twitter tuttavia non abbiamo avuto il riscontro richiesto. Non avevamo altra scelta”.  Dunque la motivazione ufficiale, apportata dal BTK, Consiglio delle tecnologie e dell’informazione, è che il blocco è stato un tentativo di tutela dei cittadini e una conseguenza delle denunce riguardanti casi di  violazione della privacy.

Il blocco arriva a soli nove giorni dalle elezioni regionali fissate per il 30 marzo e, casualmente, in seguito alla diffusione di notizie che danneggiavano la figura di Erdoğan con una serie di registrazioni audio, che potevano comprovare la sua corruzione, pubblicate su Twitter. E dunque a così poco dalle elezioni, Erdoğan, colpisce ancora il web promettendo di “sradicare, spazzare via” Twitter che, a sua detta, ha aiutato i suoi nemici politici a condurre una campagna diffamatoria contro di lui. In effetti l’utilizzo dei social media è cresciuto fortemente in Turchia da quando una buona parte dei media tradizionali sono stati messi a tacere sotto la pressione del governo.

Con la diffusione della notizia il principale partito di opposizione della Turchia, il Partito Repubblicano del Popolo, ha annunciato di voler presentare un ricorso e il Presidente della Turchia, Abdullah Gul, ha comunicato il suo disaccordo proprio tramite un tweet prendendo le distanze dall’accaduto.

Il Committee to Protect Journalists (CPJ), è fortemente preoccupato e si appella al Primo Ministro turco chiedendogli di “fermare il suo vetriolo contro i social media nel paese e concentrarsi sul garantire che tutte le piattaforme di informazione siano libere di operare durante le elezioni locali. Le autorità turche devono smettere di considerare i media come il nemico e accettare il ruolo di una stampa libera in una società democratica”. “Il primo ministro Erdoğan può cercare di intensificare i suoi attacchi ai social media, ma servono solo a dimostrare che ha una disperata paura del messaggio” afferma la coordinatrice CPJ dell’Europa.

Questo grave atto di censura, degno dei regimi più repressivi del mondo, non potrà reggere a lungo. Il blocco infatti è già stato superato da molti utenti e la forza democratica del web si è fatta sentire.


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