Non serve andare lontano per documentare la dignità calpestata

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Perché mandare vip e telecamere in luoghi lontani (Repubblica Democratica del Congo, Giordania, Mali, Ecuador, Sud Sudan) per documentare la vita di profughi e rifugiati nei campi di accoglienza? In tempi di spending review possiamo mandarle più modestamente a Lampedusa, dove la dignità dei migranti è ugualmente calpestata, senza sconti. Quelle immagini trasmesse ieri dal Tg2  (a me che sono napoletano) hanno evocato i filmati in bianco e nero girati dalle unità cinematografiche dell’esercito statunitense nella Napoli occupata del 1943. Bambini, anziani (alcuni sorridenti, altri con tristissime e sofferenti maschere “eduardiane” stampate sul volto) sottoposti all’irrorazione del ddt per sconfiggere le pulci. Quelle immagini le ho sempre considerate il simbolo di un popolo sconfitto dalla miseria e piegato dall’opportunismo per continuare a vivere. Eppure nelle intenzioni dei militari-registi statunitensi quei filmati dovevano essere il simbolo concreto dell’amicizia tra i due popoli. Ma se questo poteva far breccia 70 anni fa nei cuori e nelle menti dei napoletani (che avevano subìto i bombardamenti più duri di tutta Italia), oggi non vale più. La dignità di questi migranti è stata ancora una volta calpestata: provengono da paesi dove il rispetto delle persone è un bene comune e non basta il dittatore di turno a far cambiare idea: lo dimostra il fatto che sono disposti a rischiare la vita (unico bene prezioso) pur di fuggire.
La dignità non può essere barattata con niente.


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