Commissione antimafia in Sicilia, insediata e perde un vero antimafioso, ma dentro restano i chiacchierati

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I clamori della giornata hanno messo in secondo piano quello che oggi è successo a Palermo, a pochi metri dall’Albero Falcone, all’interno di Palazzo dei Normanni, sede del Parlamento regionale. In coincidenza del 21° anniversario dalla strage di Capaci, mentre fuori dal Parlamento si diceva che il ricordo non poteva essere solo per Giovanni Falcone, ma anche per la moglie, anche lei era un giudice, Francesca Morvillo, e per i poliziotti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro , inghiottiti da quel tremendo botto di tritolo che alle 17,58 sconquassò 4 chilometri di autostrada per inghiottire quelle 5 vite, ecco mentre tantissima gente, tantissimi giovani ricordavano quelle vittime, nella sede dell’Assemblea Regionale Siciliana ancora una volta la politica dava prova di quanto distante è dalle sue stanze la lotta alla mafia. E si gioca oramai a viso scoperto, senza più nemmeno nascondersi, sfacciati, per nulla rispettosi delle giornate che possono essere cariche di emozioni, come è certamente quella del 23 maggio. A sei mesi dalle elezioni regionali il Parlamento ha finalmente visto insediata la commissione antimafia regionale e alla prima seduta è stato eletto il presidente, Nello Musumeci, uomo della Destra, ex concorrente di Crocetta alla carica di Governatore, finì sconfitto. Sarà ugualmente presidente, della commissione antimafia. In commissione tra gli altri siede un ex poliziotto, proprio uno di quelli che è sopravissuto alle indagini, uno che la mafia aveva nel mirino, perché dapprima si è mosso in Sicilia occidentale, poi in Sicilia orientale, e negli incarichi ricoperti non ha dato mai tregua alle organizzazioni mafiose. Dirigente di squadre mobili, commissariati, affianco a magistrati come Paolo Borsellino, Malafarina alle regionali dismessi, per limiti di età, gli abiti del poliziotto, si è candidato con Crocetta e con il suo partito, Il Megafono, ed è stato eletto. Sembrava naturale che lui fosse il candidato naturale alla guida della commissione antimafia dopo che per diverse legislature di fatto la commissione era servita poco e nulla, e invece gli accordi di bottega hanno condotto alla presidenza Musumeci, eletto all’unanimità, anche col voto di Malafarina. A questo punto l’ex poliziotto ha puntato alla vice presidenza e invece…tra chiacchiere e temporeggiamenti la maggioranza della commissione lo ha bocciato, preferendogli Cordaro del Pid, Ferrandelli del Pd e Miccichè dell’Udc. Niente posti per l’on. Antonio Malafarina che capita l’aria che tira ha rassegnato le sue dimissioni dalla commissione. “Vado via – ha detto – non possono condividere queste logiche di spartizione, lottizzazione…”. Inciuci toccati con mano? “Inciuci sulla pelle dei siciliani, pensavo che considerata la mia esperienza professionale, che volevo mettere a disposizione della commissione e quindi del Parlamento, fosse naturale la vice presidenza, posso condividere il gesto nei confronti di Musumeci, ma cedere il passo ad altri deputati senza storia non mi è sembrato il caso…ecco mi sono reso conto che con la mia storia di uomo delle istituzioni dovevo fare la foglia di fico a certi soggetti ed allora ho detto di no”. Malafarina non fa nomi, ma non è cosa poi così nascosta la circostanza che in commissione siedono parlamentari chiacchierati. Uno si è dovuto già dimettere, Salvino Caputo (Pdl ex sindaco di Monreale), per una condanna appena “incassata” per abuso di ufficio, era stato eletto segretario dell’antimafia, altri due, parlamentari trapanesi sono molto discussi. C’è il castelvetranese Giovanni Lo Sciuto (Mpa), citato in un rapporto della Dia a proposito di rapporti antichi con la famiglia Messina Denaro, c’è l’ex sindaco di Trapani, Girolamo Fazio (Pdl, ora gruppo misto) che una volta disse che la mafia esisteva perché c’era l’antimafia e anche con questa motivazione rifiutò la cittadinanza onoraria all’ex prefetto di Trapani Fulvio Sodano. “Lo Sciuto è stato uno dei soci fondatori della Futura calze srl, unitamente, tra gli altri, alla sorella ed al cognato di Matteo Messina Denaro (il boss latitante da 20 anni, ndr) e cioè Giovanna Messina Denaro e Rosario Allegra, ed è stato indicato in un esposto anonimo dell’ottobre del 1998 come uno dei favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, perché avrebbe finanziato a mezzo di un conto corrente attestato presso la Banca Commerciale di Castelvetrano, avvalendosi anche della complicità di Michele Alagna (fratello di Francesca Alagna, la compagna del boss latitante ndr)”. La Finanza a suo tempo trovò titoli di credito intestati a Michele Alagna (del quale Lo Sciuto è stato testimone di nozze) posti a garanzia di conti correnti intestati alla moglie dell’odierno parlamentare e proprio in quell’esposto anonimo del 1998 quel conto corrente veniva indicato come fonte di sostentamento della latitanza di Matteo Messina Denaro.


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