Crisi di governo. Meglio 10 “Saggi” o 10 “Nuovi comandamenti”?

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Non c’è dubbio che il panorama politico italiano è unico e stupefacente! Dopo 20 anni di “regime berlusconiano”, 5 anni di crisi economica depressiva, che ha riportato l’Italia ai tempi precedenti il Boom degli anni Cinquanta, 2 interminabili anni di “governo tecnico” (unico caso in Europa!), la fine dei partiti tradizionali e la nascita del primo “partito-in-Rete” del mondo, ecco che dal cilindro del grande mediatore costituzionale spunta il “grimaldello istituzionale” del Comitato dei 10 Saggi. Dieci personaggi in cerca di una rocambolesca intesa su di un canovaccio da far interpretare ai protagonisti litigiosi del proscenio politico nazionale. Ma “che ci azzecca” tra i10 “Saggi” il commercialista, ex-sindaco di Cazzago Brabbia, il leghista e bossiano di ferro Giancarlo Giorgetti, escludendo però un esponente “grillino”?

C’era una strada logica e tutto sommato in armonia con il risultato elettorale che, grazie al disastroso sistema di voto “Porcellum” si è rivelato un ircocervo, una tentacolare, avvelenata testa serpentaria di Medusa, andava intrapresa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: la conferma dell’incarico al segretario del PD, Pier Luigi Bersani. La sua coalizione ha vinto, seppur di un’incollatura, le elezioni; lui ha esperito tutte le possibilità di creare un maggioranza, proponendo uno snello e concreto programma per i Cento Giorni, con riforme istituzionali ritenute da gran parte dell’opinione pubblica fondamentali, come la legge sui conflitti di interesse. Ha chiesto il via libera per presentarsi alle Camere e chiedere di volta in volta voti di fiducia sulle leggi più importanti.

Eppure, in controtendenza con il sommovimento tellurico delle recenti elezioni, dal Quirinale promana la mossa meno costituzionale e “moderna”, coerente con le aspettative del risultato elettorale: la creazione di 2 Commissioni di Saggi!

Non ci siamo, caro Presidente!

Con molto stile e sarcasmo, l’arguto Gian Antonio Stella sul Corriere, ha snocciolato l’elenco delle tante commissioni popolate di veri, presunti e autosedicenti saggi, improntate negli ultimi 30 anni dall’asfittica “casta”. Tutti flop o, al peggio, pronubi di disastri istituzionali, come appunto quello del Porcellum.

Già in due altre occasioni, il Presidente Napolitano ha bloccato l’evolversi naturale del processo politico, per paura dei “mercati” e il “pericolo di una deriva antieuropea”: alla fine del 2010, quando elargì a Berlusconi oltre un mese di tempo, dopo la “cacciata” di Fini dal suo partito e dalla sua maggioranza, permettendo al Mago di Arcore di fare una forsennata “campagna acquisti” di parlamentari in modo da conservare seppure di poco i numeri per la sopravvivenza del suo disastroso governo ( e oggi la magistratura indaga contando su atti probatori).

Poi, ci fu “l’emergenza Spread”, a fine 2011, con Berlusconi ormai squalificato a livello internazionale e il nostro paese in balia della speculazione dei mercati. La scelta logica e istituzionale sarebbe stata quella di andare alle urne, ma si profilò l’esperimento del “governo dei tecnici”, possibilmente di levatura europea.

I disastri apportati al sistema Italia sono evidenti: recessione, maxi-disoccupazione, povertà diffusa tra tutti i ceti sociali popolari e in rapido crescendo, tutti i fondamentali economici in rosso, mercati azionari e finanziari invece in costante rialzo (ritornano i dividendi nelle banche e le Borse hanno recuperato ai livelli del 2009). Leggi “fondamentali”, riforme liberali che avrebbero dovuto avvicinare l’Italia all’Europa, la stanno invece allontanando nella disillusione degli stessi settori che le avevano caldeggiate.

Tra il 2011 e il 2012 i sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani registravano una forte crescita delle astensioni e una volontà di voto verso il Movimento 5 Stelle attorno al 10/15%; mentre il consenso verso Berlusconi scendeva progressivamente sotto la soglia del 15%. Negli ultimi mesi dalla fine del 2012, questo quadro disastroso ha ridotto il livello delle astensioni e accresciuto il consenso al Movimento di Grillo fino oltre il 25% e ha visto la rinascita come una fenice rigenerata dal fuoco del Berlusconi “rifardato”, più o meno attorno al 25%.

I numeri conteranno pure qualcosa nelle analisi strategico-politiche!

E le regole istituzionali? Chi le ha viste!

Nonostante qualche editorialista, “innamorato”acriticamente di qualsiasi atto presidenziale, abbia sostenuto la scelta di Napolitano, in genere l’accoglienza questa volta è stata freddina. Tutti hanno percepito che questa mossa è stata improntata per prendere tempo: “a d’aspetta’ ‘a nuttata”! Il grande Eduardo docet.

Bersani resta così un “presidente del consiglio incaricato”, ma congelato; Monti resta un presidente del consiglio congelato, ma “scaduto”; il Parlamento resta esautorato come sempre, ma in subbuglio; Grillo grida ai “badanti” e si frega le mani per l’inaspettato regalo pasquale con i voti che raccoglierà dall’albero di prossime incredibili elezioni; Berlusconi “rifardato” avrà ancora del tempo per aggiustare le sue aziende in deficit, scavallare i processi e racimolare qualche altro illusionario consenso; il PD resterà in mezzo al guado, con le ali tendenti alla fuga verso una sinistra più radicale o verso un centro-destra alla Montezemolo, nella prospettiva di un dissanguamento elettorale, “en attendant Renzi”.

Povera Italia, dunque!

Ci sarebbe bisogno invece dei 10 Saggi, di 10 Comandamenti, di un programma chiaro, snello, con 10 punti fondamentali appunto, che sappia interpretare le richieste degli elettori, che vogliono: una seria legislazione antitrust, contro qualsiasi tipo di conflitto di interessi, contro i costi e i privilegi degli apparati politici e per l’ineleggibilità dei disonesti e dei “compromessi”, di una riforma etica della pubblica amministrazione (norme più severe contro corruzione e concussione), piani di sviluppo per l’occupazione e un economia ecosostenibile, progetti realistici per le infrastrutture pubbliche che servono e non per i quelle faraoniche, finanziamenti per la scuola, la cultura, l’assistenza, la previdenza e, dulcis in fundo, la riduzione drastica delle tasse, con una vera lotta, non vessatoria, contro l’evasione e l’elusione fiscale (abbattimento dei livelli esosi dell’IMU e dell’IRAP, blocco della Tares, ecc.)

Come risponderanno i mercati, ora?

Nel gioco del Lotto più globalizzato, internettiano e “ad alta frequenza”, che oggi si svolge sulle piazze finanziarie, il “malato Italia” è semplicemente uscito dal coma terapeutico e viene mantenuto in terapia intensiva da Germania e Francia, perché se crolla il “gigante d’argilla” del Belpaese, tutta l’Europa (anche quella dei piccoli paesi nordici, ricchi ed egoisti) franerebbe. Altro che Grecia, Cipro, Spagna, Portogallo e Irlanda!

Qualche rialzo dello Spread o un declassamento di Moody’s non spostano la posizione del nostro paese dalla recessione economico-industriale e dal comodo equilibrio finanziario.

Per queste ragioni, è incomprensibile che non si sia dato il via libera al tentativo “parlamentaristico” di un governo minoritario a guida Bersani o, tutt’al più, al ricorso duro ma improcrastinabile di altre elezioni, una volta eletto il nuovo Presidente della Repubblica.

 


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