Dimissioni del Papa. Da Martin Lutero a Nanni Moretti

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Come spesso accade nella storia, un conservatore riesce a compiere un atto rivoluzionario che sconvolge gli equilibri del potere del tempo, inaugurando una nuova stagione ricca di incognite. Così è accaduto con le dimissioni del Santo Padre Benedetto XVI.
A ben vedere, molte rivoluzioni nei secoli sono scaturite da ambienti che volevano ripristinare un “diritto universale e primordiale”, riportare l’uomo a vivere secondo un ordine naturale, antico, più giusto, rispetto a quello snaturato invece dalla “secolarizzazione” della società, dalla “modernizzazione” e decadenza del potere. Rivoluzionare per poter riaffermare i valori primitivi, “sacrali” della vita.
Insomma, conservare nel modo più alto e nobile del termine. E’ l’atto in se stesso che diviene rivoluzionario; non tanto colui che lo compie!
Scriveva Blaise Pascal nei suoi Pensieri: “che cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto all’infinito, un tutto in confronto al nulla, un qualcosa di mezzo fra nulla e tutto”.
Nelle dimissioni coraggiose e rivoluzionarie del papa tedesco Ratzinger, in effetti, si rimane invischiati in un doppio binario di lettura, sospesi tra sacro e profano.

C’è il profano della “visione profetica” del film di Nanni Moretti, del 2011, “Habemus Papam”, aspramente criticato dagli ambienti cattolici e dalla destra politica italiana, con le irrituali dimissioni del papa francese appena eletto. E c’è l’aspetto religioso, storicamente collegato alla Riforma protestante del grande agostiniano Martin Lutero. Anche lui tedesco, anche lui stravolto dal mercimonio politico e affaristico della Curia romana.

E che dire del teologo Ratzinger, che discusse la tesi su Sant’Agostino, rimanendo  talmente “agostiniano” nell’animo da inserire nel suo stemma papale due simboli che riportano al grande Dottore della Chiesa (la conchiglia del mare e l’orso con la soma)?
Ecco allora una lettura filosofica, fuori dal tempo di queste dimissioni, che comunque romperanno gli equilibri sulfurei della Curia vaticana, utilizzando ancora le parole del “visionario” Pascal: “ Noi navighiamo in un vasto mare, sempre incerti e instabili, sballottati da un capo all’altro. Qualunque scoglio, a cui pensiamo di attaccarci e restar saldi, vien meno e ci abbandona e, se l’inseguiamo, sguscia alla nostra presa, ci scivola di mano e fugge in una fuga eterna. Per noi nulla si ferma”. (Pensieri).

Lutero, Pascal e Ratzinger, tutti e tre dei “conservatori illuminati” e strenui assertori del “libero arbitrio” rispetto alla trascendenza del destino umano: “innamorati” di Dio.
E “Dio è amore” fu la prima enciclica di Ratzinger del 25 dicembre 2005: “In realtà eros e agape (amore ascendente e amore discendente) non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro…Anche se l’eros inizialmente è soprattutto bramoso, ascendente (fascinazione per la grande promessa di felicità)  nell’avvicinarsi poi all’altro si porrà sempre meno domande su di sé, cercherà sempre di più la felicità dell’altro, si preoccuperà sempre di più di lui, si donerà e desidererà « esserci per » l’altro. Così il momento dell’agape si inserisce in esso; altrimenti l’eros decade e perde anche la sua stessa natura. D’altra parte, l’uomo non può neanche vivere esclusivamente nell’amore oblativo, discendente. Non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere…”.

Certo, per tornare agli aspetti profani di queste dimissioni, il Pontefice si è trovato come il “vaso di coccio” tra i vasi di acciaio: sballottato dalle false verità e dalle lotte intestine tra Opusdeisti, affiliati a Comunione e liberazione, massoni “bianchi”, Cavalieri di Colombo, integralisti-tradizionalisti dei Legionari di Cristo e della Fraternità di San Pio X, cioè i lefebvriani. Ferito nell’anima per gli scandali del clero pedofilo, denunciato in più parti del mondo, che lo spinse nel marzo del 2010 a pubblicare una lettera pastorale rivolta agli amati fedeli d’Irlanda. “Condividiamo lo sgomento e il senso di tradimento sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati…Chiediamo ad essa in primo luogo di riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi”. E poi, rivolgendosi  ai sacerdoti e ai religiosi colpevoli degli abusi, ammoniva: “Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi che siete sacerdoti avete violato la santità del sacramento dell’Ordine Sacro, in cui Cristo si rende presente in noi e nelle nostre azioni. Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa”.

Non riuscendo più a gestire la “macchina” della Curia, che aveva ritardato qualsiasi intervento censorio contro quegli episcopati che avevano taciuto, sopito, sugli atti di pedofilia; non riuscendo a scardinare il coacervo di interessi politico-finanziari che hanno portato i magistrati italiani e gli ispettori di Bankitalia a voler vedere chiaro nei conti della banca vaticana, lo IOR, tanto da metterla nella “black list” e di togliere l’uso dei prelievi con le carte di credito italiane; non riuscendo a tagliare quell’antistorico “cordone ombelicale” tra alcuni settori episcopali di OltreTevere e i palazzi del potere politico-governativo, nel tentativo prima di puntellare il regime decadente di Berlusconi e poi di rieditare una sorta di Democrazia Cristiana per gli anni Duemila, coinvolgendo anche laici, massoni e liberali centristi; ecco, allora, che il Papa ha gettato non la spugna sul ring, ma un sasso in piccionaia, un macigno nelle stagno pullulante di rospi, tutti protesi a trasformarsi in principi delle tenebre, grazie al bacio ingannevole di giovani ancelle del potere secolare.
Il suo atto di accusa contro la deriva decadente della Chiesa che dovrebbe essere “serva e testimone di Cristo”, Benedetto XVI l’ha lanciata nell’omelia del Mercoledì delle Ceneri: “Il vero discepolo non serve se stesso o il ‘pubblico’, ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità. Gesù sottolinea come sia la qualità e la verità del rapporto con Dio ciò che qualifica l’autenticità di ogni gesto religioso. Per questo egli denuncia l’ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione”.

Nel giorno in cui, i cristiani vengono chiamati a riflettere sul senso caduco della propria esistenza, dopo i bagordi e le licenziosità del Carnevale, Ratzinger invita non tanto i fedeli, quanto il “Corpo ecclesiale”, quella stesa gerarchia che lo ha così ferito nell’animo e fiaccato nel corpo, a riflettere “Sull’importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunità per manifestare il volto della Chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato. Penso in particolare alle colpe contro l’unità della chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale”.

Il suo monito, perché il suo gesto rivoluzionario non resti solo un atto iscritto negli annuali dell’Archivio pontificio, ma agiti i sonni del Collegio episcopale e le acque di quel Lago di Tiberiade, dove il Cristo Pescatore gettava la sua rete per saziare la povera gente affamata di verità divina e di cibo terreno, suona davvero molto simile alle 95 “Tesi”di Lutero, appese sul portone della cattedrale di Wittemberg: “Anche ai nostri giorni, molti sono pronti a stracciarsi le vesti di fronte a scandali e ingiustizie, naturalmente commessi da altri, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio cuore, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta…Il Noi della Chiesa è la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme: la fede è necessariamente ecclesiale. E questo è importante ricordarlo e viverlo in questo tempo della quaresima: ognuno sia consapevole che il cammino penitenziale non lo affronta da solo, ma insieme con tanti fratelli e sorelle, nella Chiesa”.

Da qui l’invito alla “comunione ecclesiale di superare individualismi e rivalità”, proprio mentre si affilano i coltelli tra i porporati per stringere alleanze e scegliere i papabili nel prossimo Conclave di Marzo. Gli europei e in particolare gli italiani sono ai primi posti nel “Totopapabili”; ma chi più, chi meno, rappresentano ancora un modo secolarizzato di intendere il magistero petrino, così invischiati come sono nella rete dell’Opus Dei, di Comunione e Liberazione, o di altre simili fazioni, e fautori dell’integralismo antimodernista e antidarwiniano. Due cardinali tra i più gettonati, di recente nominati da Ratzinger, Scola e Ravasi, sono addirittura contigui all’ascesa pubblica di Berlusconi (l’uno come referente religioso di CL nell’imprimere le scelte di campo etiche del Cavaliere; l’altro divenuto una celebrità grazie ai suoi sermoni domenicali sulle TV di Mediaset).

Comunque sia, alla crisi delle vocazioni sacerdotali e monacali, all’allontanamento dai sacramenti di molti credenti, specie nei paesi più industrializzati, ai fermenti interni sempre più crescenti a favore dell’abolizione del celibato dei preti e per il riconoscimento dei diritti civili degli omosessuali, il nuovo Papa dovrà rispondere con atti coraggiosi e innovativi. E con essi verrà anche il tempo per “cacciare i mercanti fuori dal Tempio di Dio”.


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