Il salto del Grillo, dal marchese a Beppe

0 0

“Io so’ io e voi non siete un cazzo”. Dall’ironia del marchese del Grillo si è passati alla realtà di Beppe Grillo, le uniche costanti sono il nome e quella frase. L’exploit politico ed elettorale del comico genovese è frutto di un percorso partito da lontano, da un blog e da una società di strategie internet, la Casaleggio e Associati. La prima fase fu il blog Beppegrillo.it, capace non solo di denunciare e indignare con un linguaggio affascinante, ma anche di creare un senso comune, un’identità degli utenti, una fidelizzazione. Con il blog è diventato opinion leader, parlando di politica, ma negando sempre con fermezza qualsiasi possibilità di ingresso nell’agone. Aumentando in questo modo la sua credibilità. Poi nel 2007 la svolta: il V day, con migliaia e migliaia di persone nelle piazze d’Italia. La rete che si fa piazza, diventa fisica, strumento di pressione, movimento d’opinione, ma non partito. Furono le prove generali della svolta, dei Meet-Up e del Movimento 5Stelle. Dell’organizzazione e della creazione della struttura. Alla base del movimento, l’ideologia della Rete come forma di democrazia diretta, senza l’intermediazione dei partiti. Un luogo di discussione in cui uno vale uno. Nelle buone intenzioni, perché i social-network di internet, capaci di grandi mobilitazioni, sono anche facilmente manipolabili da opinion leader (che possono avere momenti di gloria anche solo di poche ore) ed esperti smanettoni.
La rete come strumento di democrazia offre infinite possibilità, ma come ideologia di democrazia lascia l’individuo solo ed isolato, preda dell’emotività sociale e delle tendenze di facebook e twitter, perché chiude i luoghi di confronto reali, teorizza il superamento dei partiti e smantella i luoghi di aggregazione e di confronto intermedi tra istituzioni e società, come
i sindacati e le associazioni. Che non possono essere sostituiti dai blog. Fondando la propria identità sulla differenza io/gli altri, Grillo, forte di questa presunta diversità, ha prima fomentato, poi cavalcato l’indignazione dei cittadini verso i politici (peraltro spesso assolutamente legittima) spingendola all’assioma ‘sono tutti uguali’ e infine si è proposto come ‘la
soluzione del problema’. Ha declinato la sua diversità anche nella comunicazione politica, utilizzando due soli mezzi: internet e i comizi in piazza. Lui ed i suoi candidati hanno evitato il mezzo televisivo ed hanno rifiutato qualsiasi confronto. In questo modo ha imposto l’agenda, ha fatto in modo che fossero gli altri a parlare di lui in talk show noiosi e scontati. Il
format Grillo contro tutti è risultato vincente, ma l’idea di fondo è falsa. Dire che i politici sono tutti uguali, significa affermare che tra Vendola e Scilipoti non vi siano differenze, come tra Bersani e la Minetti oppure tra Di Pietro e Cosentino.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21