Bologna non ci sta, il pensiero é a Brindisi

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Conoscere la mafia , educare all’antimafia, è la migliore risposta all’attentato di Brindisi. Ce chi lo fa, con pochi mezzi, nel silenzio di un’aula universitaria, raggruppando una trentina di giovani studenti. Tre giorni fa il laboratorio di mafie e antimafie della facoltà di Giurisprudenza di Bologna ha presentato il suo secondo dossier “Le mafie in Emilia Romagna”, peccato che la presentazione della ricerca sia sta quasi completamente ignorata dai mezzi di informazione. Gli stessi che in queste ore  ai giovani che manifestano in Piazza Nettuno a Bologna chiedono: Ma voi che fate contro la mafia? La risposta sta nel dossier, curato dalla professoressa Stefania Pellegrini e coordinato da Gaetano Alessi. “Questo dossier, scrive nella presentazione la studentessa Stefania Spartà, è il frutto di minuti silenziosi fermi ad aspettare alle fermate di bus, di treni e di appuntamenti fissati tra le ore di lezione e dibattiti interminabili. Ha il suono delle segreterie degli uffici, dei campanelli suonati, delle voci riascoltate per ore nei registratori, delle tastiere dei computer. Ha il volto di magistrati, di giornalisti, di sindacalisti, rappresentanti di enti territoriali che hanno reso il loro contributo e la loro testimonianza”.

E’ una ricerca a 360 gradi tra mafie italiane e straniere, inseguendo traffici di droga e armi, la tratta selvaggia di uomini, donne e paradisi fiscali sull’uscio di casa. Si parte dalle mafie straniere, sette gruppi che si aggiungono ai cinque italiani, analizzati nella prima ricerca dell’anno scorso. Il narcotraffico strettamente collegato allo sfruttamento della prostituzione, quest’ultima diventata sempre più una fonte di grande ricchezza per la criminalità organizzata: un business da 80 milioni di euro al mese, il 20 per cento delle giovani che si prostituiscono sono minorenni. Nel dossier ci sono nomi e cognomi; intestazioni, indirizzi e ragioni sociali di aziende fittizie. Come le 2.599 attive in Emilia Romagna nel settore del trasporti su oltre 9000,  che non hanno tra i propri beni materiali nemmeno una lambretta. Sono ditte fantasma attraverso cui la malavita organizzata fa il pieno di infiltrazioni nei cantieri. Entra ed esce e controlla il territorio, la manodopera, minaccia chi lavora onestamente e lo butta fuori dal mercato: la media dei camion incendiati è di uno al giorno. Franco Zavatti, responsabile sicurezza e legalità della CGIL Emilia Romagna ricorda il caso di 20 imprese locali medio-piccole rilevate da una stessa famiglia di origini pugliesi e poi vendute in Polonia. La numerosafamiglia risiede a Mesagne ed è affiliata alla Sacra Corona Unita.

A Salvo, Eleonora, Michela, Giuseppe, e agli altristudenti universitari autori della ricerca è sembrato quasi strano e imbarazzante aver raccolto con tanta facilità notizie e informazioni così gravi. E’ bastato parlare con i magistrati e consultare atti pubblici  d’inchiesta. Oggi sono tutti qui in Piazza Nettuno, oggi purtroppo meno stupiti e increduli delle conclusioni della loro inchiesta. Risuona nella manifestazione la frase di Antonino Caponnetto rilanciata in queste ore dai social network: ” La mafia teme la scuola più della giustizia, la mafia prospera sull’ignoranza della gente, sulla quale può svolgere opera di intimidazione e di soggezione psicologica : solo così la mafia può prosperare”.  Gaetano Alessi, coordinatore del laboratorio, tiene stretto in mano il dossier, sulla prima pagina c’è in neretto la scritta dedicato a Roberto Morrione.  “Vorrei solo, scrive Gaetano, che potesse vedere gli occhi dei ragazzi che l’hanno realizzato”.


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