Quando un pettegolezzo da bar si trasforma in una macchina del fango. La vicenda di Rino Giacalone

C’è un collega siciliano, si chiama Rino Giacalone. E’ un giornalista che si occupa di mafia, lo fa in un territorio difficile dove scrivere è ancora un mestiere che ti può far correre dei rischi. Rino è un amico ma questo non significa niente. Posso dire che è un professionista, che ha seguito processi difficili e che non si è mai tirato indietro quando c’era una storia scomoda da raccontare…

Processo a Giacalone, a luglio la sentenza. Il cronista, “è un paradosso: si può parlare male della mafia ma non di uno dei suoi esponenti più importanti”

“È assente ogni volontà di colpire e diffamare una singola persona, come essere umano e come individuo” ha affermato in aula l’avvocato di Giacalone Carmelo Miceli; “l’espressione, la cui durezza nasce da un’indignazione morale che vuole interpretare e sollecitare quella collettiva, contiene piuttosto un giudizio storico e scaturisce da una riflessione sul fenomeno mafioso…”