Giornalismo sotto attacco in Italia

I giardini di Federico già zona del silenzio

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L’ Associazione Federico Aldrovandi ricorda il ragazzo di 18 anni ucciso a Ferrara 20 anni fa durante un controllo di polizia

Andrea, Matteo, Buro, Nicola….. oggi Federico sono loro, quasi 40 anni, una mezza vita alle spalle e un’altra  metà davanti.  Il 25 settembre 2005 quasi all’alba non incontrarono la polizia a Ferrara nei giardini di via Ippodromo, ma quel giorno e la perdita del loro amico resteranno fissati per sempre. Gli amici non hanno mai abbandonato Federico a dispetto dei giornali locali che a pochi giorni dalla “morte di un tossico” titolarono “Scaricato da un auto  in fuga. Torchiati gli amici del morto”.  Andrea oggi ha un figlio di 16 anni, l’ha chiamato Federico, Andrea è il motore inesauribile dell’Associazione Federico Aldrovandi che da mesi  sta organizzando un calendario di iniziative culturali e sociali per ricordare come “è morto senza alcuna ragione un amico”.

– Mio figlio sa tutto dell’omicidio di Federico, mi racconta Andrea, la sua tragedia va raccontata nelle scuole anche a chi 20 anni fa  ancora non era nato”.

Nel giorno dell’anniversario sarà di nuovo proiettato il film “E’ stato morto un  ragazzo”,  saranno presenti anche i genitori del ragazzo Lino e Patrizia, seguirà una fiaccolata e l’intitolazione dei giardini di via Ippodromo a Federico, già zona del silenzio.

Mi sono chiesto che senso avesse riproporre oggi questo film che ricordo uscì nel 2010, un’anno dopo la sentenza di  primo grado  quindi quando ancora le condanne per i 4 agenti non erano ancora definitive. Che senso abbia riaprire una ferita mai rimarginata perché, come dice la mamma di Federico non si sopravvive alla morte di un figlio. Ci sono almeno due buoni motivi. Il primo riguarda la giustizia.  Ancora oggi non sappiamo – e probabilmente non lo sapremo mai – perché quattro agenti, due pattuglie, abbiano bastonato di brutto un ragazzo per più di mezzora”, come uno di loro dichiarò in tribunale. Su questo rimane un enorme vuoto, provocato dagli insabbiamenti e dai tentativi di impedire che si arrivasse alla verità. Le indagini nell’immediato non furono fatte e prove e testimonianze per altro incomplete uscirono anni dopo, in particolare durante il processo. Questo ha ostacolato la ricerca della verità, ha impedito di fare piena luce su quanto accaduto e nello specifico di contestare ai 4 agenti un reato più grave dell’omicidio per eccesso colposo. Resta un punto interrogativo senza risposta sui reali motivi di quel “pestaggio sudamericano tale da configurare una vendetta degli agenti nei confronti di un  ragazzo di 18 anni” definizione contenuta nelle motivazioni della sentenza di primo grado del giudice monocratico Francesco Maria Caruso. Molti ritengono, io tra questi, che i reati commessi dagli agenti siano ben più gravi di quelli accertati  sia dalla giustizia sia dalle inchieste giornalistiche. Il muro di gomma della questura di Ferrara ha resistito negli anni.

Il secondo motivo è che oggi il tempo non ha attenuato il dolore e la rabbia ma ha portato molti ad archiviare il clima  nebbioso e infastidito della città in quegli anni. Una spaccatura profonda  tra chi volle impugnare e illuminare il caso di Federico  perchè esemplare di soprusi commessi in servizio dalle forze dell’ordine e chi invece preferì rifugiarsi nell’indifferenza e spesso nelle offese esplicite a Federico, ai suoi genitori e agli amici “se quella sera fosse rimasto a casa sua non sarebbe morto”.

Anche il primo processo, oltre 70 udienze, si svolse in un clima pesante. “Un processo inutile” lo definirono in molti alla vigilia:“senza prove e senza testimoni”.

Ricordo bene il primo giorno di udienza:  la decisione del giudice subito pesantemente contestata dai legali degli agenti di far entrare le telecamere “per l’interesse pubblico del processo”, la lettera letta in aula da uno degli  imputati indirizzata ai genitori di Federico: non solo non c’erano spiegazioni e scuse dirette o indirette bensì gli stessi agenti si definiscono “vittime di un calvario giudiziario”.

Anche altri fatti accaduti dopo il primo processo meritano oggi una memoria e una ricostruzione meno conciliante e in particolare la manifestazione di protesta contro le sentenze promossa da alcuni sindacati di polizia proprio sotto le finestre dell’ufficio della madre di Federico, gli applausi tributati ai condannati durante un convegno o ancora di nuovo applausi solidali agli agenti davanti al tribunale di sorveglianza di Bologna dopo la  decisione di scontare  la residua pena di sei mesi in carcere, tre anni condonati per l’indulto.

Il film “E stato morto un ragazzo”  ricordo fu fortemente sostenuto da Articolo 21, meno dalla Rai che non lo volle produrre, ma che poi ne acquistò i diritti da un un editore coraggioso a cui sono grato Marcello Corvino, per poi trasmetterlo in seconda serata su Rai Tre.  Il film resta quello di allora, ancora oggi lo si può vedere gratuitamente su molte piattaforme. La “nuova versione” prevede solo l’inserimento di alcuni titoli di coda e una contro-copertina dedicata all’instancabile richiesta di giustizia che la Curva Ovest, il tifo organizzato della Spal, da anni persegue in  tutti gli stadi d’Italia, dall’Olimpico di Roma al Pietro Zucchini di Budrio.

 

I titoli di coda inseriti sono questi:

Il 21 giugno 2012 Paolo Forlani, Enzo Pontani,  Luca Pollastri e Monica Segatto sono stati condannati in via definitiva a tre anni e sei mesi per eccesso colposo nell’utilizzo della forza, pena ridotta a sei mesi per l’applicazione dell’indulto.

 

Il 29 gennaio 2013 il Tribunale di Sorveglianza di Bologna ha decretato il carcere per la pena residua di 6 mesi nei confronti dei poliziotti Paolo Forlani, Luca Pollastri e Monica Segatto. Il 1º marzo stesso provvedimento per Enzo Pontani.

Nel 2014 dopo l’espletamento della pena una Commissione di Polizia ha stabilito il reintegro in servizio dei 4 agenti.

Pietro Scroccarello, capo della squadra mobile all’epoca dei fatti è stato promosso a capo di gabinetto della Questura a Ferrara. Ha terminato la carriera  come primo dirigente della polizia a Rimini fino all’estate  del 2023.  Alle elezioni comunali del 2024 a Ferrara  è stato candidato nella lista della Lega. Non è stato eletto.

I cori per Federico e la bandiera a lui dedicata risuonano e sventolano strenuamente negli stadi e nei palazzetti di tutte le serie sportive. Simboli di giustizia e memoria condivisa.

La definizione più diffusa sul web del film è: opera pluripremiata, necessaria ed equilibrata. Posso garantire che negli anni se il film resta equilibrato il suo regista lo è molto meno.

Filippo Vendemmiati regista di E’ stato morto un ragazzo (Federico Aldrovandi che una notte incontro la polizia).

Nuova versione gratuita film:  https://openddb.it/film/e-stato-morto-un-ragazzo/


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