Paragon smentisce il Copasir. Contratto rescisso perché il Governo non volle indagare. Va avanti l’inchiesta penale

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Crolla la ricostruzione fornita dal Copasir pochi giorni fa sullo spionaggio attuato tramite Paragon in danno di alcuni attivisti e giornalisti. In queste ore è emersa una versione molto differente, l’azienda israeliana infatti avrebbe offerto una soluzione al Parlamento italiano per determinare se vi fosse stata una violazione ma, secondo quanto dichiarato al quotidiano Haaretz “..le autorità hanno scelto di non procedere. Così abbiamo deciso di interrompere i rapporti”. Che il contratto con l’Italia sia stato risolto lo conferma anche il Copasir. Paragon, che è l’impresa produtrice dello spyware Graphite sempre nella dichiarazione rilasciata al quotidiano Haaretz, ha affermato che «a seguito delle segnalazioni riguardanti il giornalista Cancellato, Paragon ha disconnesso i suoi sistemi da tutti i clienti in Italia». L’azienda avrebbe offerto una soluzione tecnica al Parlamento per capire se vi fosse stata una violazione della normativa italiana o delle clausole contrattuali, ma, secondo quanto dichiarato, «poiché le autorità italiane hanno scelto di non procedere con questa soluzione, Paragon ha risolto i suoi contratti in Italia». Sui motivi della rescissione la versione del Copasir è questa: “A seguito del clamore suscitato dalla vicenda, lo scorso 14 febbraio Aise ed Aisi avevano deciso di sospendere temporaneamente l’impiego di Graphite in attesa degli accertamenti del Comitato. Ma in occasione dei sopralluoghi effettuati dal Comitato presso le Agenzie è stato precisato che, successivamente alla sospensione, si è addivenuti alla decisione di rescindere comunque il contratto con Paragon”. Come si sa il Copasir aveva riferito di aver avuto la possibilità di accertamenti, anche attraverso i database dei servizi segreti che hanno acquistato il software, senza però trovare riscontri sull’uso contro il giornalista Francesco Cancellato e l’attivista Luca Casarini. Paragon, però, ora sostiene una versione differente e apre alla collaborazione con la magistratura italiana, attualmente impegnata in un’indagine per intercettazioni illegali coordinata dalla Direzione nazionale antiterrorismo.  “Alla luce delle recenti conclusioni della commissione parlamentare italiana, Paragon è pronta a fornire assistenza in qualsiasi indagine, qualora le autorità italiane ne facciano richiesta ufficiale”, dice la società.

Molte le reazioni nel mondo del giornalismo che dal primo momento aveva chiesto di fare chiarezza sullo spionaggio.

“La vicenda dello spionaggio a giornalisti e attivisti tramite lo spyware di Paragon sta diventando ancora più oscura e inquietante. – ha detto Carlo Bartoli, presidente nazionale dell’Ordine dei Giornalisti – La nota della società israeliana riportata dal quotidiano Fanpage – aggiunge – smentisce clamorosamente quanto affermato ufficialmente dal Copasir: secondo tale versione il governo
italiano avrebbe rifiutato la collaborazione di Paragon per individuare gli autori delle intercettazioni illegali. Se così fosse o il governo ha mentito al Copasir, o il Copasir ha scritto cose non aderenti ai fatti, oppure Paragon si è inventata una versione per discolparsi. A questo nuovo elemento, che aggiunge confusione e ambiguità, possiamo solo ribadire con forza la nostra richiesta di verità e
trasparenza e sollecitare la magistratura a procedere rapidamente per accertare cause e autori di una clamorosa violazione della legge”.

“Una situazione inquietante. – si legge nella nota della Federazione Nazionale della Stampa – Confidiamo in una indagine estremamente rigorosa e senza sconti per accertare la verità  e torniamo a chiedere alla Procura della Repubblica di Roma, alla quale abbiamo presentato esposto-denuncia con il supporto legale dell’avvocato Giulio Vasaturo, di essere ricevuti al più presto, a conferma della nostra fiducia nei confronti della magistratura, che ora è chiamata a fare chiarezza, alla luce di queste gravi rivelazioni, anche sui rapporti fra Paragon e le autorità di governo e sulle reali circostanze che hanno provocato la risoluzione del contratto di utilizzo dello spyware”.

(Nella foto Francesco Cancellato, il direttore di Fanpage che per primo si accorse di essere spiato)


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