Che l’attuale situazione Rai sia molto intricata è sotto gli occhi di tutti.
Non si scioglie da mesi il rebus della Presidenza.
Da un tempo altrettanto lungo rimane bloccata la Commissione Parlamentare di Vigilanza, ferma anche sui temi che caratterizzano la sua attivitàordinaria.
Allo stesso modo giace alla VIII Commissione del Senato il dibattito sulla riforma della governance del servizio pubblico, che non ha nemmeno preso il via e che invece il Media Freedom Act europeo ci impone di varare entro l’8 agosto prossimo.
Ma ci sono adempimenti che la Rai non deve e soprattutto non vuole far inghiottire da questa paludepolitico-istituzionale. Uno dei più importanti riguarda i cinque referendum sui quali gli elettori saranno chiamati ad esprimersi tra il 15 aprile e il 15 giugno.
La data non è stata ancora fissata, ma al massimo saranno soltanto tre i mesi disponibili per diffondere nel Paese l’informazione sui quesiti e sulle diverse posizioni in campo.
Per questa ragione il vertice Rai ha sentito l’urgenza di attivarsi per tempo e di affrontare la materia ancora prima delle disposizioni specifiche che, come in tutte le precedenti occasioni analoghe, verranno emanatedalla Vigilanza. Il tema è stato esaminato nelle ultime due sedute del Consiglio di Amministrazione, con una unità di vedute alla quale ha dato voce l’amministratore delegato Giampaolo Rossi, annunciando l’impegno di “sensibilizzare immediatamente le direzioni competenti rispetto all’esigenza di dare il giusto risalto e la più puntuale offerta informativa all’iniziativa referendaria, come da vocazione del servizio pubblico”.
I promotori dei referendum, che oggi verranno ricevuti dal Governo, hanno il diritto di sapere che intanto la Rai sta già accendendo i motori dell’attenzione: come peraltro attesta anche la puntata che proprio domenica sera Presadiretta ha dedicato al tema della cittadinanza.
Non c’è da ricordare che al servizio pubblico non spetta tirare la volata né al Sì né al No, ma fare in modo che il corpo elettorale arrivi al giorno del voto nel modo più consapevole, tanto più perché alla validità della consultazione è essenziale il raggiungimento del quorum del 50% degli aventi diritto. Non si tratta solo di dare adeguata importanza a temi sociali rilevanti come i diritti dei “nuovi italiani” o la legislazione sul lavoro, che già non sarebbe poca cosa. Legato a queste materie specifiche, c’è un valore generale che è essenziale alla legittimazione della Rai: la capacità di promuovere la partecipazione alla vita pubblica, soprattutto in un’epoca di astensionismo crescente. Magari tenendo a mente le domande che aveva posto nel luglio scorso a Trieste il presidente Mattarella, all’apertura della Settimana Sociale dei Cattolici: “Si può pensare di contentarsi di una democrazia ‘a bassa intensità’? Si può pensare di arrendersi, ‘pragmaticamente’, al crescere di un assenteismo dei cittadini dai temi della ‘cosa pubblica’? Può esistere una democrazia senza il consistente esercizio del ruolo degli elettori?”
Il servizio pubblico può essere parte della risposta.