80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Il disordine argentino dalla piazza al congresso

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Un giovane ma conosciuto fotoreporter, Pablo Grillo, colpito alla testa da una bomba lacrimogena, operato d’urgenza e ricoverato con prognosi riservata in terapia intensiva; pugni tra deputati di schieramenti opposti nell’agitata riunione al Congresso; 130 arrestati dalla polizia anti-sommossa liberati in blocco poche ore dopo dal giudice di competenza. È il bilancio sommario della scorsa giornata politica a Buenos Aires, un consueto mercoledì di protesta dei pensionati, ma più turbolento del solito. Con ritorno dei cacerolazos in vari quartieri, un concerto di pentole che non si è spento fino a notte inoltrata. L’eccezionalità nelle procedure parlamentari e la repressione poliziesca in piazza sono le costanti che caratterizzano la politica di Javier Milei in questo secondo e decisivo anno di governo, a cui una frammentata opposizione riesce a porre solo occasionalmente argine.

Milei e il suo partito anarco-liberista La Libertà Avanza (LLA) non hanno mai avuto una propria maggioranza nelle urne elettorali e tanto meno in Parlamento. A fiancheggiarli costantemente nelle Aule, pur tentando al tempo stesso di mantenersi distinti e separati, sono i deputati e i senatori della destra conservatrice di PRO, la formazione dell’ex capo di Stato Mauricio Macri. La sua è un’alleanza competitiva, che mira a combattere il populismo peronista e soprattutto la sua ala più radicale diretta dall’ex presidente Cristina Kirchner; in attesa di un logoramento dell’azione estremista di Milei che gli permetta di succedergli o quanto meno condizionarlo fortemente. Ma Milei gli rivolge contro un’identica tattica, fatta di concrete e tutt’altro che inascoltate lusinghe, estese agli esponenti dei centristi dell’Unione Civica Radicale (UCR), una forza moderata e decisiva.

Il confronto va esasperandosi nelle strade perché, sebbene l’inflazione appaia frenata, la recessione non cessa in realtà di gonfiare il costo della vita e la capacità d’acquisto dei redditi fissi (salariati e pensionati) ne viene logorata giorno dopo giorno. Ne conseguono difficoltà finanziarie sempre più acute per vaste fasce della popolazione. E anche per i conti finanziari, a cui il governo cerca di far fronte con un nuovo prestito del Fondo Monetario (10/15 miliardi di dollari che renderanno ancor più arduo il già oneroso rimborso). Ma una volta ottenuto, l’accordo con il Fondo dovrà essere sottoposto all’esame del Congresso. Un confronto che il governo tenta di evitare con una assai controversa acrobazia legislativa. Per di più in coincidenza con il dibattito parlamentare in cui dovrà essere decisa definitivamente la forma procedurale (un contundente giudizio politico o una inevitabilmente prolungata commissione d’inchiesta) sullo scandalo della criptomoneta che coinvolge personalmente il presidente Milei.

È un momento, dunque, che più d’uno raffigura come un collo di bottiglia. E in cui ciascuna parte delle molte in gioco cerca di avvantaggiarsi sulle altre in ogni modo, anche a rischio di perdere ulteriormente credibilità. Per il governo, la sempre ardimentosa (ci fu un tempo in cui simpatizzava per la guerriglia montonera) Patricia Bullrich, ministra della Sicurezza, accusa i manifestanti di mercoledì – qualche migliaio d’inermi ultrasettantenni, pur fiancheggiati da centinaia di ultrà del football cittadino – d’un tentativo di colpo di stato (non è chiaro se tra gli ipotetici golpistas intenda comprendere anche deputati e senatori coinvolti nei disordini d’aula). Mentre l’opposizione, priva di un credibile progetto alternativo, resta esposta alla conseguente erosione determinata dall’impotenza. Un senatore radicale che, pur lontano dalla resa, non nasconde il proprio scetticismo, la chiama “fatalità”.


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