“Non pensavamo sinceramente di rivedere quanto già successo vent’anni fa. Ogni istituzione dello Stato deve rispettare le altre. Picconarne una è come minare la struttura portante della casa comune. Si rischia che tutto l’edificio crolli». Sono le parole del presidente della corte d’appello di Torino, Edoardo Barelli Innocenti, a riassumere perfettamente il senso della potente protesta della magistratura italiana nel giorno del’apertura dell’anno giudiziario.
In un paese in cui anche nei media serpeggia un certo malessere nei confronti dei magistrati, i giudici hanno trovato la forza di organizzare una contestazione motivata e silenziosa nei confronti di un governo che, secondo una tradizione ormai ventennale, cerca in ogni modo di mettere il bavaglio alla magistratura, colpevole di fare il proprio lavoro. Ogni governo di destra, dal primo guidato da Silvio Berlusconi, ha combattuto in tutti i modi contro la magistratura che non si è fermata nelle sue indagini, processi e condanne nei confronti della politica.
Certo, anche i magistrati sbagliano. Gli errori giudiziari sono tanti, come tanti sono gli errori dei medici, e di ogni altra professione, o mestiere, insomma si sa da sempre che chi lavora sbaglia, può «Se volete andare in pellegrinaggio dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne, nelle carceri – si legge sui cartelli -, nei campi, dovunque è morto un italiano per riscattare la nostra libertà perché è che è nata la nostra Costituzione»sbagliare. Ma non è questo il motivo per cui il governo Meloni ha varato una cosiddetta riforma della giustizia con la divisone delle carriere che preannuncia il controllo politico su un pezzo di magistratura. Il ministro Nordio, che pure fu magistrato, si è sbracciato a dire che no, non sarà così, dimostrando che come sempre avevano ragione i romani…excusatio non petita accusatio manifesta!
E dunque massima solidarietà ai magistrati che sono usciti silenziosi, con una coccarda tricolore e la costituzione in mano, dalle aule in cui il governo celebrava l’apertura dell’anno giudiziario.
«Se volete andare in pellegrinaggio dove è nata la nostra Costituzione, andate sulle montagne, nelle carceri – si legge sui cartelli -, nei campi, dovunque è morto un italiano per riscattare la nostra libertà perché è lì che è nata la nostra Costituzione». E’ il cartello con la frase di Pietro Calamandrei che hanno aggiunto i magistrati a Roma, dove il ministro Mantovano è rimasto praticamente solo a pronunciare il suo discorso.
I giudici sono usciti in massa anche a Napoli appena il ministro Nordio ha cominciato a parlare , assente il procuratore capo Nicola Gratteri, rimasto tutta la mattina nel suo ufficio a lavorare.
Come per ogni dissenso il governo risponde che ha vinto le elezioni e questo basta. Ma i magistrati replicano con le parole che campeggiano in ogni aula di tribunale: la legge è uguale per tutti.
Queste leggi bavaglio sono esclusivamente la vendetta delle destre per chi non si arrende e, come i magistrati, continua a fare il proprio lavoro consapevole che la separazione dei poteri sarebbe uno stravolgimento della democrazia. Vendette, non riforme.
Purtroppo un eccessivo silenzio circonda le sacrosante ragioni della magistratura, una eccessiva timidezza delle opposizioni, e spesso una eccessiva ritrosia anche di noi giornalisti.