1000 euro sono una nube in un cielo già scuro

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La sentenza scaturita dal processo per diffamazione intentato dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni contro Roberto Saviano sembra piccola cosa: la condanna al pagamento di 1000 euro. Si dirà, e che sono. Magari lo si vada a dire a disoccupati e precari.
Inoltre, spesso la Storia si incarna nei particolari. Il tenente Colombo, nelle sue lezioni di semiologia seriale, ce lo ha fatto capire.
Già. Il punto non è la cifra, bensì la decisione in sé. Il messaggio, per quanto attenuato, è chiaro: chi tocca i poteri prende la scossa.
Il pensiero critico non è lecito. Lasciamo stare -dunque- l’entità della multa (oggi 1000 euro, domani chissà). La questione attiene, ormai, alla più generale crisi democratica.
In quelle che chiamiamo “democrature”, la magistratura e il giornalismo di inchiesta danno fastidio, perché irrompono nell’ordine costituito, nell’omologazione imposta al senso comune. L’Italia sta seguendo le orme di Polonia e Ungheria, purtroppo. Ed è sotto osservazione dei principali istituti internazionali del settore. Abbiamo il tristissimo record, ad esempio, nel numero delle cosiddette querele temerarie.
Come ha sottolineato con autorevolezza Ricardo Gutiérrez la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sempre ribadito l’intangibilità del diritto di esprimere le proprie opinioni. E l’articolo 21 della Carta costituzionale italiana lo scrive con assoluta nettezza.
Per questo dobbiamo continuare con incessante determinazione a difendere principi cruciali per la convivenza civile.
Attenzione. I regimi diventano tali quando si spezza la bilancia dei poteri e tutto si accentra: prima in un Palazzo e poi, magari, in una persona.
Siamo convintamente con Roberto Saviano.


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