La lezione di Ustica: senza il giornalismo d’inchiesta quante verità negate?

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Chissà se anche questa volta, data la grande autorevolezza di chi ha parlato, qualcuno cercherà di nascondere la verità su quanto accaduto 43 anni fa nei cieli di Ustica. Sarebbe interessante mettere a confronto quel che ha dichiarato Giuliano Amato con le ignobili bugie che vennero inventate da ufficiali dell’aeronautica militare e da addetti al depistaggio su cedimento strutturale o bomba dei palestinesi sul DC9 dell’Itavia che il 27 giugno del 1980, 36 giorni prima della strage alla stazione di Bologna, si inabissò con 81 persone a bordo.

E perché non ricordare quanti efficientissimi impianti radar che vigilano costantemente sul traffico aereo sul Mediterraneo, quella tragica notte erano, secondo le fonti ufficiali, ‘non funzionanti’, o ‘spenti’, o in ‘manutenzione’: dalle coste laziali a quelle sarde.
Solo la tenacia dei familiari delle vittime, il coraggio inarrestabile di Daria Bonfietti e l’onestà intellettuale e professionale di giornalisti d’inchiesta, primo fra tutti il mai abbastanza compianto Andrea Purgatori, combatterono con energia le accomodanti verità di chi voleva e doveva nascondere le terribili responsabilità della Nato.
Bugie che si abbattevano inesorabili sull’inconsolabile dolore di chi aveva perso nella tragedia amici, persone care, parenti. Ora che su quella terribile notte si cominciano ad intravedere sprazzi di luce si apre una speranza. Non solo per le vittime e i loro cari, ma anche e soprattutto per chi sa che senza giornalismo d’inchiesta le verità ufficiali sarebbero la completa negazione della verità tout court. E da Giuliano Amato, terminale autorevole dell’instancabile lavoro svolto dai ricercatori di verità in questi 43 anni, deriva una lezione importante sia per chi ha responsabilità istituzionali, sia per chi vede come fumo negli occhi il giornalismo d’inchiesta. I responsabili istituzionali dovranno rendersi conto, d’ora in poi, che si ritorcerà come un’onta su di loro l’inutile tentativo di avallare bugie di comodo. Per chi odia il giornalismo d’inchiesta (ne è un esempio la proposta di contratto di servizio Rai che cerca di escluderlo dalla programmazione) sarà sempre inutile sbarrare la strada alla verità per cercare di costruirne altre accomodate, come ancora oggi si tenta di fare addirittura con la storia o con l’immane tragedia della strage alla stazione di Bologna. E infine, ai giornalisti, da Ustica deve giungere una lezione fondamentale: la ricerca della verità è l’unica, insostituibile ragion d’essere della nostra professione.


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