Il Ponte di Stato

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E questi, signori, sono i tangibili frutti marci di una dottrina e di un modus agendi e vivendi di stampo neoliberista che, da decenni, stanno avvelenando la terra, distruggendo gli ecosistemi, colonizzando il linguaggio, il pensiero, sdoganando forme di accumulazione proprietaria verticistica, contraendo in una logica al ribasso diritti sociali e civili, annettendo e irrigimentando lo spazio di discussione e riproposizione politica. Gli autonomi processi di mobilitazione sociale, così come la partecipazione al dibattito pubblico sembrano viziati in origine, in perenne gestazione e incapaci, nella maggior parte dei casi, di generare cambiamenti significativi, se non all’interno di un recinto di prevedibilità e tolleranza istituzionalmente e civicamente accettata. Eppure vi sono esperienze che varcano questo confine, che hanno la capacità di spostare in avanti la consapevolezza e la percezione dei diritti, che portano un logos come scelta di rivendicazione e denuncia, ma soprattutto apportano fratellanza e sorellanza, un sentirsi parte del Tutto, pur conducendo battaglie che apparentemente appaiono parziali e legate alle singole comunità locali, ma di fatto assolutamente interrelate e glocali. E’ stato così per il TAV, per il movimento su i beni comuni, per il movimento studentesco dell’Onda, per il movimento dei Gilets gialli d’oltralpe e, oggi con le incursioni ambientaliste di Extinction Rebellion si trascendono persino i confini degli Stati per attaccare il potere autoritario globale che ci rende schiavi più o meno consapevoli. Ma chi vuole convincerci dell’inesistenza della complessità attiva una propaganda che spezzetta le lotte, sottrae la portata della ribellione, disarticola il soggetto rivoluzionario e sottace la crisi. Persino di fronte ad un evidente progetto unitario ma disunificante come l’autonomia differenziata, sembra che il dispositivo giuridico debba essere pre-ordinato e pre- ordinante rispetto alla norma sociale, quando in realtà questo impianto classico è stato da tempo superato e il confine tra questi poteri, giuridico e sociale, è nei fatti divenuto più liquido. Lo Stato nella sua azione burocratica non sembra disposto ad accogliere la modernità, tanto più e tanto peggio se rivoluzionaria. E allora anche l’idea bislacca di un ponte, in mezzo al nulla, trova ancora una legittimazione istituzionale, così il ministro lo ribattezza “Ponte degli italiani”; quindi mentre spacchiamo il Paese a colpi di differenziazioni autonomistiche, svantaggiando ulteriormente la parte già povera della popolazione e dei territori, nel frattempo diciamo di volerlo riunificare con 3,3 chilometri di cemento armato, riattivando una società liquidata da anni e costata molti denari pubblici, in un progetto che non sta in piedi né sotto il profilo tecnico, né ambientalistico e neppure economico-finanziario. Ancora una volta non sono intercettati i bisogni reali delle comunità locali, non sono contemplate alternative possibili e sostenibili, si fa finta di non sapere quali poteri si celino dietro quella “grande opera”, quali rischi sismici e geologici governino quello specchio di acqua e di terra tra Scilla e Cariddi e quanto ne verrebbe massacrata la biodiversità esistente. Capita così di doversi ritrovare, all’ombra dei 40 gradi, in una naturale cornice paesaggistica nell’azienda biologica Terre di Vasia, a Serrata, nella provincia reggina a discutere di sostenibilità e di come ricostruire dal basso il rapporto con la comunità locale e le nuove generazioni, di come fare una controinformazione, di come spiegare alle persone la farsa; nel frattempo la Calabria e la Sicilia bruciano come ogni anno durante l’estate e non esiste un piano di emergenza né misure per scongiurare gli incendi arrivati fino alle case. Dai trentamila forestali degli anni ’80 si è passati ai quattro mila di oggi, con un’età media dei lavoratori di 60 anni, nonostante la Calabria sia una regione ad altissimo rischio idrogeologico. Ma si sa, ci piace mantenere le flotte private di Canadair ed elicotteri, che ogni anno affittiamo a cifre stratosferiche, e si vocifera dall’antitrust che cordate di imprese del nord impongano prezzi e condizionino gli appalti pubblici di tutta Italia. E mentre cerchiamo scampo dalle fiamme attorno, sentiamo andare a fuoco il portafoglio di 15,700 famiglie calabresi che tra qualche giorno perderanno il diritto al Reddito di cittadinanza e si ritroveranno più sole e più povere che mai, in una regione in cui l’occupazione annua decresce del 2,7% come rilevato dal Laboratorio dello Sviluppo Locale della Regione Calabria e dove solo il 43% della popolazione attiva ha un lavoro. Ma per la ministra Santanché “è una bellissima giornata” mentre la salvano in Senato dal voto di sfiducia, ci pensano Renzi e Calenda a tirarle un salvagente, quello che non abbiamo usato a Cutro. E allora buone ferie! italiani ancora per poco, visto l’odg presentato dalla destra per accelerare sulla autonomia differenziata e sul presidenzialismo, portate con
voi ciambella ed estintore se passate da queste parti, ai comuni mortali non li garantiscono, come pure i vitalizi a vita e le pensioni d’oro, non andate a visitare Riace, non sono li i bronzi, li c’è solo un fuorilegge e altri in attesa di condanna esemplare, attraversate semmai il ponte dei miracoli – seconda stella in alto – l’unico a tariffa calmierata e il solo che vedrà mai la luce.


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