Libano, altra stretta sulla libertà di stampa 

0 0

Il 3 marzo il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Beirut ha apportato preoccupanti emendamenti al codice di etica professionale in base ai quali, prima di concedere interviste o intervenire in dibattiti su portali e piattaforme social, i suoi membri dovranno chiedere il permesso al presidente dell’Ordine.

Alla fine del mese, nel corso di un convegno, lo stesso presidente dell’ordine degli avvocati beiruttini ha dichiarato che lo spazio di espressione dilatato dall’abbondanza di siti Internet e social ha creato “caos e confusione” a proposito di “quale organo giudiziario debba occuparsi dei casi di diffamazione, calunnia, offesa e notizie false”. Alla fine del suo intervento, ha sottolineato la necessità di nuove norme di legge sulle piattaforme social, sul loro uso e sulle multe e sanzioni relative.

Mentre l’Ordine degli avvocati mostrava la sua ostilità nei confronti dei media nuovi e tradizionali, sono proseguite le indagini ai danni dei giornalisti per denunce di diffamazione.

Il 30 marzo Jean Kassir, co-fondatore del portale “Megaphone”, ha appreso che nei suoi confronti era stata sporta denuncia a seguito di un post intitolato “Il Libano è governato da chi evade la giustizia”. Nel testo si faceva riferimento alle indagini del giudice Tarek Bitar sul procuratore presso la Corte di cassazione e su altri funzionari per la strage del porto di Beirut del 4 agosto 2020. Quattro giorni dopo, gli hanno comunicato che la denuncia era stata ritirata.

Il 31 marzo è stata la volta di Lara Bitar, direttrice del portale “Public Source”, interrogata dall’Ufficio per i reati informatici a seguito di una denuncia per diffamazione presentata mesi prima dalle forze armate riguardo a un articolo su una discarica di rifiuti tossici.

A seguito di questi sviluppi, la Coalizione per la difesa della libertà d’espressione (di cui fanno parte 15 organizzazioni libanesi e internazionali per i diritti umani e per la libertà di stampa) ha sollecitato le autorità libanesi e l’Ordine degli avvocati a rispettare le garanzie previste dal diritto internazionale.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21