Il Riformista “diventa” L’Unità, l’informazione non è un gioco di prestigio

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Con un colpo di bacchetta magica un giornale diventa un altro e l’informazione sembra un gioco di prestigio. E’ appena accaduto con l’Unità. Nello storico giornale fondato da Antonio Gramsci, di cui si attendeva il rilancio, viene fatto confluire Il Riformista che dunque semplicemente cambierà nome. Nessun elemento di dibattito sui contenti, sul futuro, sul ruolo delle firme de L’Unità. Prevedibile la preoccupazione dei giornalisti de L’Unità che non hanno nemmeno mai avuto un incontro col direttore del Riformista. Di seguito riportiamo il comunicato del cdr.

“Il direttore designato Piero Sansonetti dirigerà un giornale realizzato, sia nella parte cartacea che in quella online, dai redattori de Il Riformista. I giornalisti e i poligrafici dell’Unità non saranno della partita. Viene, infatti, ignorata una questione cruciale, sancita da sentenze che fanno giurisprudenza: la testata sono anche i suoi lavoratori. Un legame indissolubile. Il 18 aprile semplicemente Il Riformista cambierà nome e si chiamerà l’Unità. Questo è il progetto, sicuramente inedito. Siamo di fronte a un caso mai contemplato nel mondo del lavoro e che, soprattutto in ambito editoriale, può aprire scenari con esiti drammatici. Lo ribadiamo al direttore Sansonetti e all’editore Romeo: la testata sono anche i lavoratori. Un concetto tanto più vero nel caso dell’Unità, per la storia e il ruolo del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, ma anche per l’abnegazione e i sacrifici con cui noi giornalisti e poligrafici ci siamo battuti per tenere in vita il giornale, unici, assieme alla Federazione nazionale della stampa e alle associazioni regionali, a denunciare la vivisezione della testata e dei suoi archivi. Siamo stati gli unici a pagarne le conseguenze. Il 3 giugno 2017 l’Unità è stata chiusa per le scellerate scelte dell’editore Pessina, nel silenzio complice del Partito Democratico che ne deteneva una quota e alla quale ha poi rinunciato senza darne neanche comunicazione al Cdr. Nel frattempo – parliamo di un arco di tempo lungo 6 anni – si sono perse le tracce dell’Archivio storico e di quello Fotografico, patrimonio di questo Paese che, grazie alla nostra collaborazione e al nostro impegno, nei mesi scorsi sono stati indicati alla curatela fallimentare e ritrovati. Apprendiamo ora che anche l’archivio online è stato ceduto con la testata e appartiene al nuovo editore.
Non è una bella storia quella che raccontiamo e ai responsabili vecchi e nuovi diciamo un forte, corale “NO”. Non esiste spazzare via un intero corpo redazionale, parte indissolubile di un giornale che ha parlato sempre alla sinistra, che ha dato voce alle sue istanze. E tutto questo proprio ora con un governo di destra così aggressivo nei confronti dei fragili. Scusaci Sansonetti (cit) ma proprio non va. E lo diciamo a voce alta, senza paura, con la schiena dritta che l’Unità ci ha insegnato ad avere”. Il Cdr, le redattrici e i redattori de l’Unità fondata da Antonio Gramsci


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