Irene nel giorno di Grace

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Se ne sono andate a quarant’anni esatti di distanza, Grace Kelly e Irene Papas. Entrambe hanno rappresentato la bellezza e l’immensità del cinema, la poesia di una società nella quale era ancora possibile sognare e indignarsi e la forza d’animo di due donne straordinarie che non si sono mai tirate indietro di fronte ad alcuna difficoltà. E se Grace ha incarnato, in tutto e per tutto, forse persino nel suo tragico epilogo, la favola della bella attrice che va in sposa al principe, Ranieri di Monaco per l’esattezza, Irene è stata la quintessenza della democrazia. Bellissima Grace, affascinante Irene: la prima chiamata “ghiaccio bollente” nonché musa di Hitchcock in capolavori che hanno fatto epoca, la seconda icona del cinema greco e della strenua battaglia di un popolo contro la dittatura. È impossibile dimenticare, infatti, la meraviglia di film come “Zorba il greco” e “Z – L’orgia del potere”, con le note del Sirtaki e il dramma di una Nazione ostaggio della ferocia dei Colonnelli. Non a caso, Irene fu costretta all’esilio per via delle sue convinzioni politiche, senza tuttavia mai abbandonare la sua gente, rimanendole vicina in ogni circostanza e costituendo quel serbatoio di resistenza che si sarebbe rivelata utilissima alla caduta di quel regime da incubo, nel ’74. Profondamente impegnata, politicamente e civilmente, amava il nostro Paese e credeva nell’unione dei popoli mediterranei, tanto che fu naturale la scelta della RAI di averla nel ruolo di Penelope nella trasposizione dell’Odissea ad opera di Franco Rosi.
In una settantina di film, ha sempre portato sullo schermo il suo amore per la vita, la sua irriverenza, il suo profilo ellenico, la sua grinta e il suo coraggio, senza mai risparmiarsi e, anzi, battendosi in ogni modo per gli ideali comuni. A modo suo, anche quella di Irene Papas è stata una favola, più lunga rispetto ai soli cinquantadue anni che ha avuto davanti a sé Grace Kelly, anche se l’ultimo periodo della sua esistenza è stato funestato dall’Alzheimer. Novantasei anni, tuttavia, costituiscono un tempo più che sufficiente per stilare il bilancio di un’avventura lunga e appassionante, in cui non è mancato alcun aspetto né, mai, il rispetto per il prossimo. Ci lascia, prima di tutto, una grande donna, poi un’attrice come ne nascono poche, infine una protagonista del dibattito culturale internazionale di cui avvertiremo fortemente la mancanza. Ci resteranno i suoi occhi profondi e scurissimi, la sua espressività, il suo sguardo che non poteva lasciare indifferenti e il suo ripudio di ogni forma di cinismo. Ci resteranno le sue interpretazioni e la sua lotta senza sosta per costruire una società migliore. E ci resterà la speranza che un altro mondo sia davvero possibile, magari costruendolo a partire dalla magia del cinema, capace spesso di colmare i vuoti lasciati dalla politica e di rendere più dolce il nostro cammino. O comunque, e non è poco, meno solitario.

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