Il regno di vetro, un inatteso thriller esotico a Bankgok

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“Quattro torri di ventuno piani compongono un regno verticale fatto di vetro dove ciascun abitante era parzialmente in mostra: vite sprecate, accese, impilate l’una sull’altra nell’anonimato”.

A due anni dalla sua pubblicazione in lingua originale, è arrivato in Italia l’ultimo romanzo di Lawrence Osborne, “Il regno di vetro”, edito da Adelphi (265pp, 20 Euro) e tradotto, come i precedenti, da Mariagrazia Gini. Lo scrittore viaggiatore, attratto dall’esotico, conduce ancora una volta il lettore a Bangkok, in un mix di modernità e decadenza, con un thriller asiatico claustrofobico pieno di tensione e dai risvolti inattesi.

Sarah si ritrova a Bangkok in fuga dagli Stati Uniti dopo aver perpetrato una truffa che le è valsa una valigetta da 200mila bigliettoni. Ha scelto Bangkok perché “…la città assomigliava alla sua idea di un mondo caotico e senza legge in cui poter facilmente scivolare nell’anonimato”.

E’ il periodo dei monsoni, il caldo è asfissiante. Lei si sveglia all’alba, sudata, nel suo appartamento al 14° piano. “Appena arrivata davanti all’involucro dimesso del Kingdom aveva capito che era il posto giusto dove rintanarsi, lontano da tutte le strade importanti, con un’aria di riserbo putrescente”.

Il Kingdom è una grande struttura composta da 4 torri di vetro di 21 piani ciascuna, collegate tra loro da passaggi e ballatoi chiusi da porte di vetro di cui soltanto i residenti possiedono la chiave. Gli appartamenti sono tutti uguali. Sarah non esce quasi mai, angosciata all’idea di esser scoperta e rintracciata, se non per recarsi nella piscina condominiale dove una mattina incontra Mali, una donna sulla trentina come lei, dai tratti eurasiatici, una sorta di prostituta d’alto bordo. È lei a introdurla nel suo piccolo ‘club’ di donne che abitano l’anomalo palazzo dove si incontrano sovente per serate a base di poker e ganja: Ximena, una chef cilena piuttosto scostante, e Natalie, direttrice d’albergo di origine britannica che vive con l’alcolizzato marito Roland e una domestica, Goi, silenziosa e inquietante.

Il Kingdom, il regno di vetro che avvolge e, al contempo, imprigiona Sarah – con i suoi soldi avvolti nella plastica e nascosti in una valigia – ospita anche una pletora di personaggi: i ‘farang’, gli stranieri ricchi, viziati, viziosi e annoiati malvisti alla popolazione locale; i thailandesi, che aspettano l’occasione per cambiare vita, sebbene relegati in ruoli subalterni, come la domestica Goi o il custode Pop. E poi, c’è la città, Bankgok, al centro di un Paese al collasso, in rivolta, la Thailandia, in cui le sparatorie tra le gang sono sempre più frequenti. Una città in cui i continui black-out mettono via via in fuga gli abitanti del Kingdom e che preludono ad una restaurazione del potere manu militari.

Ma ecco che proprio quando Sarah sembra sul punto di rifarsi una vita, la situazione intorno a lei precipita, diventando sempre più angosciante, torbida e insinuante, in un crescendo di tensione che la porterà allo smarrimento e alla paranoia, vittima di un ingranaggio dal quale sembra incapace di sottrarsi

Una scrittura magistrale, un romanzo kafkiano e al contempo claustrofobico. Da non perdere.


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