La tragedia sulla Marmolada: un ghiacciaio in via di estinzione

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Ore 13.45 di domenica 3 luglio: un tremendo boato come fosse esplosa la montagna in mille pezzi. Schegge impazzite di ghiaccio dalle dimensioni grandi come automobili, miste a roccia che travolgono senza scampo tre cordate di escursionisti e guide alpine che stavano percorrendo la via normale sulla Marmolada. Quello che non è normale è la portata della tragedia che è accaduta una domenica di inizio luglio con un cielo azzurro terso e il sole che faceva risplendere la Regina delle Dolomiti. Oscurato dalla nube di polvere e detriti precipitati a valle, mietendo vittime e procurando sofferenze che si sono amplificate in un istante. Un bilancio provvisorio conta sette morti, otto feriti di cui due versano in condizioni gravi mentre il numero dei dispersi continua a variare di ora in ora. Le ricerche sono state sospese per le condizioni meteo avverse e per il pericolo di nuovi crolli. Verranno utilizzati i droni per avvistare i corpi delle altre vittime. Il seracco di ghiaccio precipitato faceva parte della calotta sommitale di Punta Rocca è di dimensioni enormi e il cratere che si è creato è impressionante. I sopravvissuti hanno subito chiamato i soccorsi che in pochi minuti hanno raggiunto il luogo della tragedia. Sei elicotteri si sono alzati in volo da Bolzano, Trento, Belluno, Cortina, Padova, decine di automezzi dei vigili del fuoco, autoambulanze con medici e infermieri, mezzi e uomini della Protezione Civile , carabinieri, finanzieri e polizia. Chi si trovava in quota è stato elitrasportato a Canazei dove è stato allestito il centro di soccorso avanzato per dirigere le operazioni.

I feriti inviati negli ospedali di Feltre, Belluno e Treviso. Le vittime recuperate sono state trasportate in elicottero e depositate nel palazzo del ghiaccio dove è stata allestita una camera mortuaria. Il video girato da escursionisti che si trovavano nella zona è impressionante e fa rabbrividire ancora chi si è salvato per essersi trovato nei pressi del rifugio Ghiacciaio a 2655 metri d’altitudine. Chi, invece, si trovava sotto la via Normale che attraversa la zona dove sono visibili i resti del rifugio Pian dei Fiacconi (investito e distrutto da una valanga nel mese di dicembre del 2020) e sale verso Punta Penia, è stato travolto senza possibilità di scampo. I soccorritori si sono trovati davanti a scene apocalittiche e il recupero dei corpi risulta difficile per come sono stati smembrati, a tal punto da rendere complicate le procedure per il riconoscimento e l’identificazione. Domenica c’erano 10 gradi, un valore record e la minima della notte precedente restava invariata sui 5 gradi, Lo zero termico veniva registrato sopra i 4mila metri, molto più in alto della vetta che raggiunge i 3.343 metri d’altitudine. È stata definita la “tragedia più grande delle Alpi in era moderna” con una ferita che non potrà facilmente essere rimarginata. Il ghiacciaio della Marmolada ha perso il 90 per cento della sua massa originaria e il 70 per cento solo negli ultimi trent’anni. Tra qualche decennio non esisterà più.

Ad affermarlo è  Franco Secchieri geologo e glaciologo membro del Comitato glaciologico italiano raggiunto al telefono per avere un parere di quanto accaduto. «Con lo zero termico a 4300 metri d’altitudine e 10 gradi in quota la neve e il ghiaccio fondono facilmente. L’acqua di fusione scende sotto le rocce e lubrifica facilitando il distacco dei saracchi. Quello che è accaduto non si può prevedere perché non si tratta di una valanga ma di una frana. Sul Pian dei Fiacconi il crollo del saracco di ghiaccio ha trascinato con sé detriti riversando una massa enorme scesa a valle. Il punto da dove è partita la frana è molto distante da dove si trovano gli escursionisti e mi sento di poter affermare che è stata una tragedia non prevista. Quello che era prevedibile è il movimento del ghiacciaio. Dal rifugio di Punta Penia si sentiva un rumore anomalo già da giorni per l’acqua che scendeva a cascata tra le rocce. Con temperature così alte per questa altitudine la fusione è stata accelerata perché il ghiaccio si è riscaldato. A 3/5 gradi il ghiaccio diventa fragile e si spacca il corpo glaciale e tira giù tutto. Quello che è accaduto – prosegue il dottor Secchieri – deve far riflettere perché lo sfruttamento della montagna è diventato eccessivo e ci sono troppe persone che non sanno affrontarla con cautela. L’aggravante di quanto è accaduto è data anche dai cambiamenti meteorologici che si sommano in un momento dove il terreno e l’ambiente è compromesso dalla siccità. La pioggia che poi cade sul ghiaccio lo riscalda e penetra nel manto nevoso residuo. Da quello che ho potuto vedere la dimensione del distacco è anomala e mai vista prima. Concludo dicendo che si può parlare di una somma di concause date da temperature alte, manto nevoso scarso e la fusione del ghiaccio e della neve a causa dell’onda termica».

Chi conosce bene la Marmolada è il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin: «Qui ci vivo fin da bambino e lavorando a Passo Fedaia ho visto come il ghiacciaio si è ritirato nel corso degli ultimi cinquant’anni. Non era prevedibile quanto è accaduto e mi ricordo che l’estate del 2003 era molto più calda e nessuno aveva chiuso l’accesso. Abbiamo avuto la temperatura più alta il 27 giugno scorso. Il problema è rappresentato dall’incoscienza, dalla mancanza di attrezzatura adeguata, dalla sbadataggine.

Gli stranieri e anche gli italiani spesso non sono attrezzati e mancano di conoscenza dei rischi che si possono avere in montagna. Un problema è l’alpinista che non guarda le previsioni del meteo prima di partire. Quello che invece è accaduto è dovuto al ruscellamento che ha convogliato l’acqua fino al fondo roccioso accumulandosi in sacche sottopressione che hanno fatto esplodere il ghiaccio che le conteneva. C’è un precedente accaduto nel 1916 dove morirono centinaia di soldati italiani. Io ho visto gli escursionisti partire ordinati con l’attrezzatura corretta e se mi avessero chiesto da dove salire, io stesso avrei consigliato di prendere la via normale. Ci sono state altre situazioni gravi in passato, la valanga del 2014 per l’accumulo di molta neve. La tempesta di Vaia che ha distrutto seicentomila piante nel mio territorio. Sono dieci anni che fa molto caldo e il ghiacciaio da 495 ettari nel 1885 è passato a 421 nel 1902. Io ho scritto un libro intitolato “Il ritiro del ghiacciaio della Marmolada” dove ho analizzato i dati che segnalano il progressivo ritiro. L’evento è stato imprevedibile ma è accaduto nella giornata sbagliata e nell’orario sbagliato. Un colpevole non c’è ma l’Uomo pensa di riuscire a dominare la Natura ma è lei che domina l’Uomo. La Marmolada presenta le stesse difficoltà in misura minore di una vetta di ottomila metri come può essere in Nepal. Va rispettata». Ora è il momento del silenzio per le vittime e per chi sta soffrendo per la loro scomparsa. Nel frattempo tutte le funivie che portano in vetta sono state chiuse e due ordinanze dei sindaci di Canazei e Rocca Pietore hanno decretato l’assoluto divieto di salire. La Marmolada è in lutto.

 

 

 

 

 

 


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