Turchia, ergastolo aggravato per Osman Kavala, il più importante oppositore di Erdogan

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Nonostante il pronunciamento della Corte europea per i diritti umani sul caso di Osman Kavala, che chiedeva alla Turchia il suo immediato rilascio, il tribunale di Caglayan a Istanbul ha condannato l’editore e filantropo 64enne all’ergastolo aggravato.
Verdetto durissimo anche per gli altri imputati, tra cui esponenti della società civile, attivisti e intellettuali, del processo sulle proteste di Gezi Park Ayşe Mücella Yapıcı, Çiğdem Mater Utku, Ali Hakan Altınay, Mine Özerden, Şerafettin Can Atalay, Tayfun Kahraman e Yiğit Ali Ekmekçi, condannati a 18 anni di carcere.
Sono per lo più rappresentanti di organizzazioni come l’Anadolu Kultur di Osman Kavala e piattaforme di cittadinanza attiva che durante le proteste di Gezi hanno promosso iniziative, come Taksim Solidarity
Altri 9 imputati, tra cui il giornalista Can Dundar, che si trovano all’estero non avendo mai partecipato alle udienze sono ancora in attesa di giudizio. i loro fascicoli sono stati separati dal caso principale
“E tutto così terribile. Ero pessimista, ma non mi sarei mai aspettato un risultato così duro. È orribile per Kavala e gli altri 7 imputati che sono stati condannati oggi. Ed è estremamente preoccupante per la società civile turca e per le relazioni della Turchia con l’Europa” è stato il primo commento di Fatma Demirelli della Platform for Independent Journalism (P24), organizzazione con la quale Articolo 21 ha seguito i processi per terrorismo ai giornalisti turchi.
Con la sentenza di oggi il presidente Recep Tayyip Erdogan ottiene la sua vendetta nei confronti di colui che ha sempre ritenuto l’avversario più scomodo e ostico. L’accanimento nei confronti di Kavala è parte di una diffusa repressione che si è intensificata dopo il tentativo di colpo di stato nel luglio del 2016.
L’accusa pendente da anni sull’importante oppositore del presidente turco è di “tentativo di rovesciare violentemente il governo”. Imputazione per la quale – se confermata in Appello – dovrà scontare il carcere a vita senza condizionale.
Un processo farsa, come hanno denunciato le organizzazioni per i diritti umani che hanno seguito il caso, quello che si è concluso a Istanbul dopo due anni di continui rinvii.
Osman Kavala, collegato in videoconferenza, ha accolto il verdetto imperturbabile: sapeva che sarebbe stato condannato.
Nei giorni scorsi, con una dura dichiarazione rivolta alla Corte aveva denunciato che “fattori politici” hanno giocato un ruolo nella sua detenzione più che motivi legali”.
Nel presentare la sua difesa all’udienza finale del processo, dove oltre  alla contestazione di “tentativo di rovesciare il governo”, a causa del suo sostegno a proteste anti governative del 2013 e per un presunto ruolo nel tentato golpe in Turchia del 2016, gli era stata rivolta anche l’accusa  di “spionaggio”, Kavala ha parlato di “influenza politica” citando la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2019 che ne chiedeva il rilascio.
La mancata scarcerazione di Kavala ha provocato l’apertura di un procedimento di infrazione contro Ankara da parte del Consiglio d’Europa.
“Dopo avere perso quattro anni e mezzo della mia vita, l’unica consolazione è la possibilità che il processo che ho subito possa contribuire ad affrontare i cruciali problemi del sistema giudiziario in Turchia” ha affermato l’imputato guardando dritto negli occhi  i giudici parlando in videoconferenza dal carcere di Silivri, in provincia di Istanbul, dove si trova in custodia cautelare dal 2017.
Giudici che lo hanno condannato senza esitazione.
Il caso Kavala, che ha coinvolto più di una dozzina di persone, tra cui vari giornalisti, è stato tra i più importanti delle repressioni del presidente Erdogan nei confronti dell’opposizione e della stampa indipendente. Continue violazioni di gran parte dei diritti del popolo turco, attuate dal governo e dal Partito per la giustizia e lo sviluppo, la formazione del presidente Recep Tayyip Erdogan.
Nonostante la revoca dello stato di emergenza nel luglio 2018, Ankara ha continuato ad arrestare decine di giornalisti e a imporre divieti di viaggio.
Migliaia di persone finite in carcere dal fallito golpe del 2016 con accuse mai provate.
Il finto stato di diritto’ in Turchia da tempo non garantisce più nessuno.


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