Successi e autogol di Biden sull’Ucraina

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Un compromesso. Solo con un compromesso si può fermare la devastante guerra tra Russia e Ucraina. Concordano in tanti, cominciando dagli stessi belligeranti. Non a caso le trattative dirette tra Mosca e Kiev sono cominciate subito dopo l’invasione del 24 febbraio ordinata da Vladimir Putin. Israele e Turchia hanno tentato delle mediazioni. La Cina starebbe lavorando sotto traccia.

Tuttavia finora i negoziati non hanno approdato a nulla. Anzi la guerra è diventata sempre più sanguinosa e distruttiva. Le città ucraine sono bombardate pesantemente dagli aerei, dai missili, dalle artiglierie russe. Non vengono risparmiate neppure le strutture civili: case, ospedali, scuole. Mariupol, in particolare, è una città cancellata, ridotta a un cumulo sterminato di rovine.

Joe Biden, assieme alla Ue e agli altri alleati occidentali, ha proposto e attuato forti sanzioni contro la Federazione Russa. Ha anche fornito armi a Kiev per meglio resistere all’attacco sferrato dallo “zar”. Ma ha respinto e respinge l’intervento delle truppe della Nato e l’interdizione dei cieli dell’Ucraina all’aviazione russa. Se lo facesse, ha precisato, scoppierebbe la terza guerra mondiale.

Il presidente americano insiste sulla necessità di una intesa di pace anche nelle riunioni straordinarie in Europa della Nato, del G7 e del Consiglio Ue tenute il 25-26 marzo. Raccoglie il successo dell’unità dei paesi occidentali perché «la posta in gioco non è solo la difesa dell’Ucraina ma la democrazia nel mondo». Invita anche la Cina a premere su Putin per arrivare a un accordo.

Ma certe uscite del presidente americano non aiutano, sono degli autogol. È un autogol il giudizio su Putin «criminale di guerra» come i successivi attacchi: è un «dittatore omicida», è un «delinquente puro», un «macellaio», un «tiranno». Segue l’invocazione: «Per amor di Dio, quest’uomo non può restare al potere». Il Cremlino subito approfitta dello “scivolone” del presidente Usa. Il portavoce di Putin, Dmitry Peskov ribatte: chi governa a Mosca «non è qualcosa che decide Biden. È solo una scelta dei cittadini della Federazione Russa». La Casa Bianca smorza e precisa: Biden «non stava parlando di un cambio di regime in Russia» ma del no a Putin «di esercitare il potere sui suoi vicini».

È un altro autogol il «sì» ad estromettere la Russia dal G20. Se, infatti, il presidente russo è un criminale di guerra è impossibile cercare una intesa con lui. Se Biden punta a un compromesso di pace è impensabile espellere Putin dal G20. Del resto Pechino ha pronunciato un sonoro «no».

La vittoria militare lampo russa non c’è stata, l’Ucraina da oltre un mese resiste valorosamente all’attacco della superpotenza euroasiatica. Anzi, in alcuni casi contrattacca. Lo “zar” è in difficoltà. È sempre più isolato a livello internazionale mentre sale il dissenso verso la guerra nei gruppi dirigenti e nel ceto medio russi.

La reazione, però, è un rischiosissimo irrigidimento. Peskov, qualche giorno fa, addirittura ha fatto di nuovo balenare la minaccia di una guerra atomica: la Russia prevede l’uso di armi nucleari «solo in caso di minaccia alla sua stessa esistenza».

Dieci giorni fa era emersa la possibilità di un compromesso che ha fatto brindare alla pace tutte le Borse internazionali. Ma poi tutto si è arenato. È un errore pericoloso non lasciare una via d’uscita a un nemico che si sente stretto in un angolo. Per la pace occorre trattare, trattare, trattare. E vanno evitati gli autogol.


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