Ma la protesta adesso si trasformi in proposta 

0 0
Care ragazze e ragazzi che da settimane occupate i licei, scendete in piazza, manifestate e chiedete, invano, ascolto, sappiate che abbiamo bisogno di voi. Ci servono il vostro entusiasmo, la vostra passione civile, la vostra freschezza, la vostra gioia di vivere e anche la purezza connaturata a un’età nella quale ancora non si fanno calcoli, non si ragiona secondo le convenienze di partito o di corrente e, per questo, si è liberi di dire, fare e vestire come meglio si crede. Avete ragione e vi chiediamo scusa. Vi chiediamo scusa perché vi abbiamo lasciato in eredità una società invivibile, un mondo a rischio di estinzione, una politica che si commenta da sola e un bigottismo retrogrado che pretende di imporvi regole che sarebbero parse eccessive persino negli anni Cinquanta ma adesso, mentre a Sanremo vanno per la maggiore Achille Lauro, Mahmood e Blanco, fanno semplicemente ridere.
Prima di andare avanti, vogliate accettare un piccolo consiglio da fratello maggiore: occhio alla violenza. Sia detto senza paternalismi di sorta: fidatevi di chi ha manifestato prima di voi e indagato su vicende tragiche della nostra storia recente. Isolate i violenti, da qualunque parte essi provengano, che abbiano in mano un bastone o una bomboletta di vernice. Siamo in prima linea nel condannare le violenze degli agenti di Polizia, quando si verificano, siamo stati fra i primi a stigmatizzare le cariche e le manganellate contro i vostri cortei e reputiamo inaccettabili alcune non risposte fornite dalla ministra Lamorgese. Ciò premesso, state attenti a non farvi strumentalizzare, allestite sempre un adeguato servizio d’ordine e create dei gruppi di contatto. Comprendo che la politica e gli agenti abbiano dato spesso il peggio di sé ma non tutti sono uguali e il poliziotto che si occupa di ordine pubblico non è il nemico. È, al contrario, un uomo o una donna, magari un padre o una madre di famiglia, che si trova in piazza per garantire la vostra sicurezza e la vostra sacrosanta libertà di manifestare. Sta svolgendo il suo lavoro e merita stima e rispetto, non che gli si lancino addosso vernice, uova e simili. Se alza il manganello, se picchia, se eccede, merita, a mio giudizio, sanzioni molto severe perché la barbarie è sempre e comunque inaccettabile. Non a caso, i codici identificativi sui caschi degli agenti costituiscono una vecchia battaglia di Amnesty International e anche di questa associazione. Ma il dialogo deve essere reciproco e l’apertura mentale è indispensabile da entrambe le parti, al fine di scongiurare un clima di ferocio e scontro nel quale i primi a rimetterci siete voi.

Tornando all’argomento principale di quest’articolo, non mollate! Continuate a manifestare davanti agli istituti in cui qualche insegnante abusa del proprio ruolo e pronuncia frasi indegne di un docente, continuate a vestirvi come meglio credete e non mi si venga a parlare di decoro perché questa generazione ha dimostrato di sapere ampiamente come comportarsi, senza mancare di rispetto a nessuno e senza venir meno al dovere di onorare la sacralità della scuola. Ma la scuola non può essere un lager: deve essere un luogo in cui esercitare la propria fantasia e la propria libertà, in cui comprendere l’importanza dei diritti e trasformarsi da sudditi in cittadini. Guai a una generazione ingessata, priva di slancio e di entusiasmo! Guai a comprimere le pulsioni rivoluzionarie, ribelli e anarchiche degli adolescenti! Non saranno adulti migliori: saranno conformisti precoci e privi dell’umanità indispensabile per affrontare le sfide della vita e la complessità del mondo. A scuola non si apprendono solo nozioni: non deve essere questa la sua funzione. A scuola si deve imparare la vita nella sua bellezza, nella sua complessità, nel suo dolore e nella sua meraviglia. Si devono coltivare i rapporti umani e le relazioni più profonde. Si deve imparare a credere in se stessi e a capire che la nostra risorsa più grande, oltre al sapere, sono gli altri. Si deve diventare pienamente parte della comunità e accantonare ogni forma di individualismo perché la società, con buona pace della signora Thatcher, esiste eccome e alternative ci sono e ci devono sempre essere.

Continuate così perché state chiedendo riforme sacrosante. L’esame di Maturità, per com’è concepito oggi, non serve a niente: è inutile, dannoso e addirirtura opprimente. L’alternanza scuola – lavoro costituisce una vergogna senza precedenti: a diciassette anni si ha diritto non solo al riposo ma anche alla ricerca di se stessi e dei propri spazi, del proprio ruolo nel mondo e della propria visione delle cose. I programmi e i metodi di insegnamento sono vetusti, e qui bisogna intervenire prima di subito perché una scuola che insegna tutto su Tutankamon e nulla su cosa è accaduto a Capaci, in via D’Amelio, a Genova o nel Nord Africa squassato dalle Primavere arabe non serve a niente. Davvero, andando avanti di questo passo, finirà col bastare Wikipedia.

Continuate così ma non chiudetevi. Cercate il dialogo con tutti: con gli insegnanti, con i presidi, con le forze dell’ordine e persino con noi giornalisti e con la politica. Non cercate mai nemici, non andate a caccia di bersagli facili contro cui scagliarvi, dimostrate di essere superiori a provocazioni e pregiudizi, ignorate i soloni avvizziti che vergano pensosi editoriali a consumo loro e della loro ristretta cerchia di saccenti e apritevi al mondo. Cercate, scrutate, inseguite i vostri sogni e trasformate la protesta in proposta. Perché della vostra ingenua rabbia e del vostro sorprendente coraggio ne abbiamo tutte e tutti un’assoluta necessità. Siamo stanchi del nulla cui assistiamo ogni giorno, dei governi pseudo-tecnici con tutti dentro e nessuna visione del futuro, del dibattito assente e della pochezza asfissiante che caratterizza da troppo tempo il nostro stare insieme. Voi costituite sicuramente una boccata d’aria fresca, un vento di riscossa e di rinascita, una speranza, forse l’ultima, di poter avere ancora un domani. L’auspicio è che nessuno si azzardi a comprimere questa vostra passione, che nessuna repressione vi riduca al silenzio, come purtroppo è accaduto vent’anni fa alle ragazze e ai ragazzi figli della piattaforma di Seattle, e che questa rivoluzione pacifica e dal basso contagi presto anche la nostra politica e il nostro Parlamento. Nessuno vi regalerà nulla ma voi prendetevi tutto. Dei protagonisti attuali, per la maggior parte, ne faremmo infatti volentieri a meno. Hanno già fallito, proprio perché hanno cercato di dividere anziché puntare sull’inclusione di ciò che diverso e altro da sé. Fate dunque l’opposto: tendete la mano alle altre generazioni, fidatevi di chi, per ragioni anagrafiche, ha meno freschezza ma più esperienza del mondo, tenetevi alla larga da tutti i tromboni, uomini o donne che siano, instaurate un rapporto proficuo di scambio e di confronto con i ragazzi e le ragazze di Seattle e di Genova e, soprattutto, siate voi stessi e trovate da soli la vostra strada. Nessuno potrà fermarvi, meno che mai il conservatorismo stantio di alcuni pugili suonati, giunti, per fortuna della collettività, all’ultima imbarazzante recita su un ring dove ormai prendono a pugni l’aria.

Iscriviti alla Newsletter di Articolo21