Illuminare crisi e periferie dimenticate e contrastare i bavagli, un impegno che non verrà mai meno

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Era un sereno seppur ventoso pomeriggio di inizio primavera del 2002, il 23 marzo per l’esattezza, quando sentii parlare la prima volta di Articolo 21.
La Cgil aveva organizzato la più grande manifestazione della storia italiana, con tre milioni di partecipanti al Circo Massimo di Roma. Tre milioni di persone che respingevano l’assalto del governo Berlusconi e di Confindustria all’articolo 18 e scendeva in piazza per dire no al terrorismo che aveva nuovamente colpito uccidendo pochi giorni prima Marco Biagi.
Tre milioni di persone in strada per difendere il diritto – di padri e figli – a un lavoro dignitoso e a un futuro senza terrore
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Che sarebbe stata una giornata speciale lo avevamo capito da subito. Da quando, alle prime luci dell’alba, le corsie dell’autostrada erano state occupate dai 10 mila pullman, dai torpedoni a formare dei rivoli che avrebbero poi ingrossato il fiume multicolore che invase la capitale e dai treni stracolmi arrivati da tutta Italia.
E c’eravamo anche noi giornalisti che non eravamo lì solo per seguire la manifestazione, ma anche per manifestare contro l’editto bulgaro, a cui per reazione era seguita la nascita di Articolo 21.
Ma il mio primo impegno diretto, grazie al contatto con Beppe Giulietti, allora portavoce di Articooo 31, e Stefano Corradino, direttore del sito, era arrivato quattro anni più tardi, quando Articolo 21 rilanció convintamente la campagna per illuminare la crisi del Darfur promossa dalla rete di blog da me guidata, “Italians blog for Darfur”.
Da quella prima battaglia comune è iniziato il mio viaggio con gli amici che ancora oggi mi affiancano in questa nostra straordinaria associazione che, in un tempo difficile per chi punta all’allargamento degli spazi di partecipazione e di decisione nelle democrazie occidentali, non si è mai tirata indietro nel fare la propria parte per la libertà di espressione e in difesa dei diritti fondamentali.
Soprattutto negli anni della prima crisi economica dal 2000 in poi che coincideva con seri tentativi di “ristrutturazione” sociale: tesi a restringere spazi di partecipazione in nome di un decisionismo al limite delle regole, per costruire percorsi di governo tesi a scavalcare  le basi su cui si fondava il patto sociale delle nostre società.
Per questo è diventato necessario cercare di invertire questa tendenza mettendo in rete le forze sane che vivevano la realtà della comunicazione e dei fili che legavano i problemi reali con la loro rappresentazione mediatica.
Con questo spirito abbiamo continuato negli anni a illuminare periferie sociali e geografiche, in Italia r nel mondo, dando spazio a chi non si volta dall’altra parte quando ci sono da capire le ragioni di malesseri sociali e fatiche quotidiane. Dando voce a chi non aspetta la statistica (necessaria per altro ma non esaustiva) o il sondaggio di opinione per interessarsi di realtà periferiche non solo geograficamente, ma nella mappa delle decisioni e della rappresentazione dei bisogni. Lavorando nel mondo dell’informazione per non essere megafoni del potere ma coscienza critica dei governi, in nome degli interessi collettivi, del bene comune rappresentato dalle persone,singole o associate. Facendo il proprio lavoro di informatori corretti e preparati, decisi a dare notizie utili a capire e conoscere quello che accade, affinché aumentino gli spazi di approfondimento e di formazione delle idee dei cittadini.
Tutto questo affinché non prevalesse l’oscurantismo, perché non c’è altra strada che l’illuminazione dei luoghi dove si vogliono celare le notizie e i problemi, tutti, che attraversano la vita delle persone.
Da quando sono in Articolo 21 ho avuto modo di confrontarmi tante volte con colleghi più esperti e validi di me sul senso del nostro mestiere.
Quante belle lezioni di giornalismo, quante condivisioni, quante battaglie contro i bavagli, contro le violazioni dei diritti umani, non solo dei giornalisti. Quante storie raccontate per illuminare le periferie dimenticate, gli invisibili, gli ultimi.
Vent’anni dì conquiste, condivise in prima linea negli ultimi sedici anche dalla sottoscritta.
Vent’anni che oggi rappresentano il passato, il presente e il futuro dì un’associazione che continuerà a difendere e a promuovere senza sosta i principi e i valori della Costruzione.


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