Per il regime di Lukashenko le vite umane non contano nulla

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Ieri Blob ha dedicato l’intera puntata alla crisi umanitaria in Bielorussia. È trasversale, la vita umana non conta niente per il regime dittatoriale di Lukashenko che ha solo un obiettivo: rimanere al potere, a qualsiasi costo.

A partire dal dirottamento del volo Ryanair del 23 maggio scorso, la crisi interna bielorussa fuoriesce dai confini nazionali e si traduce nella crisi dei migranti creata artificialmente dalle autorità bielorusse per fare pressione sulla comunità europea, per ricattare e per vendicarsi dei Paesi che non hanno riconosciuto l’esito delle elezioni truccate del 9 agosto 2020. “Truccato” è la parola italiana che avevo imparato quasi vent’anni fa proprio nel contesto delle elezioni bielorusse, quando dovevo raccontare ad un italiano della situazione mio Paese: già nel 2001 si registrarono numerose irregolarità che si ripresentavano puntualmente a ogni elezione: 2006, 2010, 2015.

La crisi dei migranti è iniziata quest’estate, proprio nello stesso periodo in cui un caccia militare bielorusso ha fatto atterrare il volo Ryanair a Minsk per arrestare il 26enne blogger e giornalista Raman Pratasevich, nemico personale di Lukashenko. La situazione creatasi a partire da inizio novembre al confine tra la Bielorussia e la Polonia ha deviato ogni attenzione dei media occidentali, già debole da parecchio tempo, dai problemi interni. 

Ma non dobbiamo stare al gioco del dittatore. Non vanno dimenticati i cittadini bielorussi che vengono quotidianamente arrestati e condannati per un commento sui social, per l’iscrizione ad un canale Telegram di una testata indipendente, per essere stati ripresi durante le manifestazioni pacifiche dell’anno scorso. 32 operatori dei media indipendenti sono in carcere solo perché facevano il loro dovere professionale: informavano l’opinione pubblica in una maniera imparziale di quanto sta succedendo nel Paese. Secondo l’ong per i diritti umani Viasna, ad oggi i prigionieri politici sono 955, ma il numero cresce ogni giorno. I vertici di Viasna, così come alcuni attivisti, sono in carcere solo perché facevano il loro dovere morale: difendevano i diritti umani dei cittadini bielorussi che volevano soltanto che le elezioni del 9 agosto 2020 fossero state libere e trasparenti.

…E a me fa sempre male vedere la cronaca delle proteste in Bielorussia. Queste immagini si sono impresse in profondità della mia corteccia cerebrale, nella mia mente, come se fossi stata io a essere trascinata nei cellulari della polizia, picchiata e umiliata.


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