Memoria delle vittime e condanna della guerra

0 0

Il mio intento è quello di esprimere alcune riflessioni sull’importanza di una memoria storica, compresa quella del Milite Ignoto celebrata in questi giorni, che unisca sempre la pietà e il dolore per le centinaia di migliaia di morti alla condanna netta ed esplicita di chi li ha mandati a morire, il ripudio della guerra come dichiara l’articolo 11 della nostra Costituzione. Mi pare invece che l’attenzione doverosa ai morti celebrata in altri modi rischi di diventare un sostegno all’eroismo della guerra, quindi alla guerra stessa. A proposito del Milite Ignoto ho sempre pensato che per una logica intrinseca deve diventare una condanna alla guerra totale, definitiva e permanente. Rappresenta infatti le sue conseguenze drammatiche: cioè la distruzione della persona nella sua totalità nel corpo nella dignità, e nell’ interiorità. Se siamo convinti che il nome, il volto, lo sguardo, la relazione sono costitutive del nostro essere donne e uomini umani, essere ridotti alla irriconoscibilità è la situazione più grave a cui si possa pensare. È stata scelta da Maria; madre di un figlio ucciso in guerra una fra le undici bare collocate 100 anni fa nella basilica di Aquileia. Accanto alle madri vediamo i padri, i fratelli, i figli. Mi permetto per esemplificare che il mio nome Pierluigi raccoglie i nomi dei due nonni e che il nonno paterno Luigi è morto prigioniero in guerra a Mauthausen in Austria dove poi i nazisti hanno costruito un campo di prigionia e di sterminio. Ha lasciato nonna Rosalia con tre bambini piccoli in una povertà assoluta. La guerra ha ridotto ad essere ignoti decine e decine di migliaia fra i 650 mila morti italiani non della “grande guerra”, ma della spaventosa tragedia, di cui pare che più di 60 mila ignoti siano sepolti a Redipuglia. La memoria di 16 milioni di morti in totale e di 20 milioni di feriti e mutilati assume significato se e come parla all’ oggi: si ascoltano rare voci di denuncia di quella guerra e delle tante guerre di oggi in diverse parti del mondo, dell’impressionante quantità di armi prodotte e vendute, anche a regimi come l’Egitto dov’è stato sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni per il quale continuiamo a chiedere con la famiglia verità e giustizia. Sono 24 i miliardi investiti dal nostro Paese per le spese militari: quanti interventi con quella somma ingente si potrebbero impegnare per la salute, la scuola, il lavoro, i servizi sociali, la salvaguardia dell’ambiente. Papa Francesco nel suo doloroso pellegrinaggio al sacrario di Redipuglia il 13 settembre 2014 ha espresso un giudizio molto severo sulla guerra e su coloro che per motivi di potere, di geopolitica, di interessi l’ha preparata e messa in atto e ha indicato uno striscione che vedeva con gli occhi del cuore e della coscienza collocato sopra il sacrario e su cui c’era scritto:” Cosa me ne importa?”, perché la guerra è proprio questo disinteresse e disprezzo per la vita delle persone che diventano numeri da usare e sacrificare. Si sa che il sacrario di Redipuglia è stato voluto da Mussolini in persona dopo una visita al cimitero prima collocato sulla collina di fronte, a suo dire triste e poco curato. La struttura architettonica è finalizzata non alla pietà per i 100.000 morti ma all’esaltazione dell’eroismo di guerra.

Le tombe del Duca d’Aosta e dei quattro generali collocate davanti ai 100.000 che dicono:” presente “, così è scritto, come a dire pronti di nuovo a combattere per l’idolo fascista della patria che nulla a che fare con la Patria a cui ci sentiamo di appartenere formata da donne e uomini, ad iniziare dai giovani che si impegnano per attuare la Costituzione, per la giustizia, l’uguaglianza, la libertà, la democrazia, i diritti umani uguali per tutti. È sconcertante e riprovevole che il Sacrario di Redipuglia sia stato inaugurato dallo stesso Mussolini il 18 settembre 1938, lo stesso giorno in cui in piazza della Libertà a Trieste ha pronunciato di fronte a una immensa folla delirante le leggi razziali, razziste. Come è possibile un accostamento fra queste leggi che hanno prodotto impressionanti umiliazioni e morti e i morti di Redipuglia? E c’è un’altra questione molto importante: la presenza della religione nella guerra e anche la memoria discutibile in tutto il successivo percorso storico. Il papa di allora Benedetto XV ha definito, peraltro inascoltato, quella guerra come” inutile strage”. Pensiamo come si celebravano le messe nei due campi avversi e si pregava lo stesso Dio per poi uccidersi. Non può essere certo il Dio della pace, di Gesù di Nazareth, delle beatitudini in cui afferma: “Beati i non violenti, i costruttori di pace”.

Si celebravano anche i Te Deum di ringraziamento per le vittorie conseguite che significavano brutalmente l’uccisione di migliaia di persone. Una legittimazione alla guerra del tutto inaccettabile. A mio avviso la Chiesa non è profetica sulla pace come dovrebbe se si fa eccezione di papa Francesco e con lui di una Chiesa di minoranza; non segue i profeti come don Mazzolari, don Milani, Padre Turoldo, padre Balducci, don Tonino Bello ed altri annunciatori e operatori di pace; non denuncia, non annuncia, non prende decisioni; se è molto importante pregare per la pace non è sufficiente se non aiuta ad essere attivamente costruttori di pace. A mio avviso non c’è stata una rielaborazione teologica della memoria delle guerre e dei morti, del senso dei monumenti ai caduti nei nostri paesi di fronte ai quali ci si può riunire solamente per rinnovare nella memoria dei morti il nostro impegno per la non violenza e la pace, mai per legittimare l’eroismo della guerra. Ricordo Gino Strada come oppositore alla guerra in modo assoluto perché attivo nel curare i feriti facendo il possibile e l’impossibile perché le persone, a cominciare dai bambini non rimanessero ignote.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21