La Polonia si allontana dall’Unione Europea

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La Corte Costituzionale polacca ha stabilito giovedì 7 ottobre che ogni sentenza o atto normativo dell’Unione Europea deve essere conforme alla legge polacca, per essere applicato in Polonia. La sentenza, arrivata in seguito a un quesito del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, significa di fatto che la Polonia non riconosce più la supremazia delle leggi europee su quelle polacche, cioè uno dei princìpi fondativi dell’Unione Europea.

Dunque la Polonia si allontana sempre di più dall’Unione Europea dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha decretato che alcuni articoli dei Trattati sono “incompatibili” con la Costituzione dello Stato polacco e che le istituzioni comunitarie “agiscono oltre l’ambito delle loro competenze”.

La sentenza riguarda in maniera più ampia il Trattato sull’Unione Europea, aggiornato l’ultima volta nel 2007, i cui articoli 1 e 19 – che in estrema sintesi stabiliscono la supremazia del diritto comunitario su quello nazionale in certi ambiti – sarebbero incompatibili con la legge polacca.

«Nel sistema giuridico polacco il Trattato sull’Unione Europea è subordinato alla Costituzione, e come ogni norma del sistema polacco deve essere conforme», si legge nelle motivazioni della sentenza.

Dunque il diritto nazionale non può sottostare secondo i vertici polacchi al diritto della comunità europea.

Questa decisione potrebbe non solo allontanare i fondi del Recovery destinati al Paese dell’Europa centrale, ma anche creare un vero e concreto passo verso una “Polexit“.

Immediate sono state le risposte a tale decisione.

Il sottosegretario agli Affari europei, Clément Beaune ha parlato di “attacco contro l’Ue”:E’ gravissimo – ha sottolineato ai microfoni di Bfm Tv – è il rischio di un’uscita de facto”.

La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, invece ha voluto ribadire il primato del diritto europeo e promesso che saranno presi provvedimenti: “I nostri Trattati sono molto chiari. Tutte le sentenze della Corte di Giustizia Ue sono vincolanti e la legge Ue ha il primato sulla legge nazionale. Useremo tutti i poteri che abbiamo ai sensi dei Trattati per assicurarlo”.

Anche David Sassoli il presidente del Parlamento Ue, in un tweet ha espresso il suo disappunto sulla vicenda polacca scrivendo: “La notizia è che la Polonia oggi attacca alle fondamenta la struttura giuridica della costruzione . Il sovranismo antieuropeo non è slogan e folklore come qualcuno pensa. È un ritorno indietro. Sbagliato e pericoloso. Che va combattuto”.

Intervenendo in videocollegamento all’European Youth Event (Eye2021) ha aggiunto:

I valori della pace e della libertà contraddistinguono il nostro continente. So che in questo momento alcuni paesi ci fanno soffrire e ci auspichiamo che rivedano le loro posizioni ma non possiamo permettere che nessuno dei 27 Paesi membri violi i trattati. Noi saremo totalmente inflessibili”.

La decisione della Corte Costituzionale polacca non ha precedenti nella storia europea ma è solo l’ultimo passaggio di una contesa giudiziaria che prosegue da alcuni anni fra l’Unione Europea e la Polonia, diventata un paese a guida semi-autoritaria dopo la vittoria alle elezioni del 2017 da parte del partito Diritto e Giustizia, di estrema destra.

Il problema del rispetto dello stato di diritto in Polonia non riguarda solo il sistema giudiziario, basti ricordare che proprio qualche anno fa la Polonia aveva approvato diverse leggi contro la libertà di informazione, i diritti delle donne e della comunità LGBT+ tanto da creare delle zone in alcune parti della Polonia nel 2019 chiamate nella forma discriminatoria Lgbt free.

Fortunatamente di recente quattro regioni polacche hanno deciso di non chiamarsi più “zone libere dall’ideologia LGBT”, per paura di perdere fondi europei.

La Polonia infatti è un paese assai povero la cui economia dipende in gran parte dai generosi fondi europei che riceve da anni: né il governo né l’elettorato polacco hanno alcun interesse a uscire dall’Unione Europea nonostante le sanzioni. Sanzioni che a questo punto non sembrano essere state sufficienti ad impedire altre forme di allontanamento dai principi democratici su cui l’Unione Europea si fonda.


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