Prima edizione del festival Ju Buk di Scanno all’insegna del “potere delle parole”

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“Forse la letteratura non cambia il mondo, però può salvarlo. Io ne sono certa”.
Con questo incipit del suo intervento di apertura dei lavori Eleonora De Nardis, ideatrice e curatrice della rassegna letteraria Ju Buk, alla sua prima edizione, ha dato il via alla kermesse che si è animata a Scanno lo scorso 25 giugno.
Una tre giorni, inaugurata dalla madrina della prima giornata del festival, Antonella Napoli, giornalista e scrittrice che dirige Focus on Africa, la prima rivista italiana dedicata interamente al continente africano, all’insegna della letteratura, del giornalismo, della cultura a tutto tondo con al centro le donne e i loro diritti. Ma non solo.
Il primo evento ha avuto come protagonista proprio Antonella Napoli, a Scanno anche con  il suo ultimo libro “Il vestito azzurro”, edizioni People, che ha raccontato la sua esperienza di giornalista minacciata e vittima di odio online, attacchi per i quali è stata disposta nei suoi confronti una sorveglianza radio controllata.
In apertura del suo intervento Antonella Napoli ha voluto ricordare Livia Giustolisi, animatrice dell’omonimo Premio dedicato al grAnde giornalista Franco Giustolisi, (assegnato nel 2020 proprio alla Napoli) scomparsa prematuramente lo scorso dicembre.
“Leggere “ti deve venire il cancro” fa male quanto l’augurio che ti stuprino e le minacce di morte “se non chiudi la bocca”. Ti chiedi il perché di tanto odio contro qualcuno che semplicemente cerca di informare, di fare il proprio mestiere… Non ci si abitua mai a tutto questo orrore, a questa onda inarrestabile di odio…  Ma non mi imbavaglieranno. Mai” ha rivendicato con determinazione e coraggio la giornalista durante il suo intervento.
La Napoli, che è anche opinionista di Al Jazeera e di altre testate italiane e straniera, ha parlato del suo impegno nel contrasto allo hate speech, è stata tra le prime vittime, con l’onorevole Laura Boldrini, a denunciare i leoni da tastiera 
che bullizzano le professioniste dell’informazione e di altri settori in rete.
L’argomento è stato ampiamente trattato anche grazie alla presentazione di #staizittagiornalista,  (edizione All Around per la collana Studi della Fondazione per il giornalismo Murialdi) scritto da Silvia Garambois e Paola Rizzo di GiULiA Giornaliste, un libro che raccoglie le testimonianze di sei colleghe, tra cui la stessa Napoli, vessate dagli odiatori online.
Nell’ambito della rassegna è stato presentato anche “Hjiab il velo e la libertà” di Tiziana Ciavardini (Castelvecchi).
Un libro che stigmatizza ogni pregiudizio culturale che vede nella donna con indosso l’hijab una donna sottomessa.
“Molte musulmane velate sono donne emancipate e con un’alta considerazione di se stesse – ha sottolineato Ciavardini – Icone del softpower. In un mondo globalizzato oggi il velo è diventato un oggetto per affermare la propria identità. Tante donne musulmane vedono nel velo un vero e proprio simbolo di identità religiosa e culturale; in taluni casi è usato proprio per affermare la propria identità e proteggerla”.
Nella piazza di Scanno con un pubblico attento si è animata una presentazione partecipata attraverso anche il contributo di Giorgia Pietropaoli, Alessandra Sannella, che con l’autrice hanno provato a dare una molteplice interpretazione nell’utilizzo dell’hijab, e Antonella Napoli che ha portato la testimonianza delle donne musulmane sudanesi che, nonostante il contesto repressivo nei loro confronti, sono o state protagoniste delle rivolte che nel 2019 hanno portato alla caduta di quel regime che le opprimeva.
”Questo libro – ha proseguito Ciavardini é un viaggio socio-antropologico volto ad aprire un dibattito sulla questione del velo islamico. Nel testo viene dato avvio a un tentativo volto a una comune riflessione sul tema attraverso importantissime testimonianze dirette di chi quel velo lo riconosce quale segno identitario e di appartenenza e di chi al contrario ne scorge un mero simbolo di sottomissione femminile. Ancora oggi nonostante le tante strumentalizzazioni di alcuni casi di cronaca, dobbiamo assolutamente avere un totale e profondo rispetto verso quella libera scelta di utilizzo volontario del velo perché è essa stessa sinonimo di emancipazione femminile”.
Dal confronto è emersa la necessità di battersi affinchè non esista “mai più” al mondo un paese, un regime o un governo totalitario che imponga alle donne di coprirsi il capo con la minaccia di condanne o punizioni corporali.
“Solo unendo tutti le nostre forze con l’aiuto di istituzioni internazionali possiamo riuscire in questo arduo e complesso progetto” l’invito finale dell’autrice.

Nelle foto alcuni momenti delle due presentazioni e la foto con le “giulie” Antonella Napoli, Tiziana Ciavardini, Eleonora De Nardis, Silvia Garambois e Lella Marzoli, insieme a una giovane scannese in costume tradizionale.

 


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