“L’Italia è il paese della green economy”. Intervista a Marco Frittella

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Italia Green, il libro di Marco Frittella, volto storico del Tg1, ha il pregio di raccontare un’Italia all’avanguardia, fatta di imprese e start-up leader in materia di sviluppo sostenibile, di rivoluzione energetica, di chimica green.

L’autore descrive un’Italia vincente, che sta implementando un sistema virtuoso di economia circolare e che sta facendo progressi nel campo scientifico, tecnologico, sociale. Si pensi, oggi, al piano di decarbonizzazione di un colosso come ENEL, uno dei maggiori player e produttori mondiali in materia di energia da fonti non fossili, o al fatto che sia tutto italiano il brevetto della bioplastica. L’Italia, uno dei paesi più industrializzati, sta puntando sulla green economy e questo permette di guardare con fiducia ai prossimi anni.

Com’è nata l’idea di scrivere questo libro? 

Ci sono molti testi che parlano della crisi climatica e quasi nessuno che racconti delle soluzioni sperimentate per risolvere i problemi ambientali.  Così ho voluto tracciare il cammino delle aziende italiane più impegnate sul fronte dello sviluppo sostenibile, dell’agrifood, del fashion ecosostenibile, dell’e-mobility, della bioedilizia. A Milano, ad esempio, il “Bosco Verticale” dell’architetto Boeri è divenuto un’icona, rappresenta una nuova frontiera dell’edilizia, tanto da essere replicato dal Messico alla Cina.

Cosa mi dice di Novamont?

Novamont è un’azienda di Novara che brevetta la bioplastica, una soluzione radicale allo smaltimento della plastica e all’inquinamento di mari e oceani, perché è realizzata senza l’utilizzo di materie di origine fossile. Novamont ha inventato la Mater Bi, una plastica speciale di origine vegetale, che una volta utilizzata si degrada in un compost che può essere adoperato anche come fertilizzante in agricoltura.  E’ nata all’interno della Montedison di Gardini ed esporta in tutto il mondo, è una storia molto bella. Del resto fu sempre un italiano, il premio Nobel Giulio Natta, l’autore di un’invenzione che avrebbe fatto da volano allo sviluppo economico del secondo dopoguerra.

Come si uniscono moda ed economia circolare?

Nel mondo del fashion è stata vincente l’idea di due ragazze del sud, siciliane. Il loro progetto, Orange Fiber, ha portato all’invenzione della prima fibra ricavata dalla cellulosa delle arance e alla realizzazione di un tessuto setoso, in grado di rilasciare sulla pelle vitamine A, C ed E. Dagli scarti degli agrumi alle richieste di collaborazione con i grandi brand della moda, tra cui Ferragamo. La moda è sicuramente inquinante, se si pensa al sistema conciario o alla trasformazione delle fibre tessili o altre attività, però va detto che quando Greenpeace fece un appello per un utilizzo sostenibile delle materie prime, la stragrande maggioranza dei marchi era italiana. Il prodotto eco è un prodotto dal valore aggiunto per i consumatori e una svolta green è possibile.

Mi porta un esempio nel campo dell’agricoltura sostenibile?

Posso citare la Caviro, una grossa cooperativa di produzione vitivinicola, nota anche per produrre il Tavernello. Lo stabilimento principale è un esempio assoluto di economia circolare, in cui nulla viene sprecato e tutto viene messo in ricircolo, perfino i fanghi di depurazione diventano concime, grazie alla ricerca e alla collaborazione con l’Università di Bologna.

Secondo un sondaggio di Pagnoncelli (Ipsos), il 51% degli italiani non sa che l’Italia è un paese virtuoso in materia di sostenibilità…

Siamo campioni di economia circolare in Europa e siamo i più bravi a riciclare i rifiuti, però non lo sappiamo e se qualcuno ce lo racconta non ci vogliamo credere. La narrazione sull’Italia è condizionata da un’idea masochistica del nostro Paese e attraverso Italia Green ho voluto rovesciare questa lettura. La terra dei fuochi, la gestione dei rifiuti di Roma, le ecomafie, sono realtà, ma lo è anche un Comune del Trevigiano in cui il riciclo dei rifiuti arriva al 90%, un record. Noi siamo un grande paese con profonde contraddizioni, ma anche con tanti meriti. Occorre equilibrare la narrazione del nostro Paese, non mistificare certo, ma occorre fiducia per orientare lo sviluppo e il Pil. Non si può che avere fiducia in un cambio di passo, quando Illy, la prima azienda italiana del caffè, diventa B Corp per scelta, ottiene cioè la certificazione assegnata alle organizzazioni che si impegnano a rispettare i più alti standard di performance sociale e ambientale.

Italia Green ha una valenza politica?

Non è un libro di aneddotica e grafici, ma di storie che narrano la crescita obbligatoria di un nuovo modello di sviluppo, che è quello dell’economia circolare, in questo senso ha una valenza politica, perché la politica deve fare i conti con questo nuovo corso delle cose, con quello che chiamiamo green & blue, da una parte l’eco sostenibilità, dall’altra l’innovazione digitale. La linea della Commissione Europea Von Der Leyen, i fondi del recovery plan, del PNRR, puntano alla decarbonizzazione, alla transizione energetica. Questo è il segno che la politica dovrà adeguarsi e migliorare la qualità del confronto pubblico. Il dibattito sul futuro ecologico condiziona la politica in senso positivo, perchè dovrà lasciarsi alle spalle l’idea della spettacolarizzazione e del populismo, tornando ad essere una politica di progetti e contenuti, non di captatio benevolentiae e tweet.

Neutralità climatica, cosa farà la differenza?

Sono previste tante risorse per avviare la transizione ecologica e il meccanismo della ripresa. Noi possiamo contare su una maturazione della rete delle imprese. Non credo che dalla Cop 26 di Glasgow venga fuori chissà quale risoluzione e neanche dai compromessi di carta. Ho molta fiducia però nella ricerca, nell’associazionismo, nella consapevolezza dei singoli cittadini e del mondo dell’economia. Come diceva un grande ambientalista l’ecologia deve convenire. E’ il caso dell’amministratore delegato di BlackRock, la multinazionale americana di asset. In una lettera agli azionisti, l’AD Fink scriveva che gli investimenti sostenibili rappresentano ormai il miglior modo di garantire solidità ai portafogli dei clienti e che BlackRock non avrebbe più investito in aziende che non sono proiettate nel futuro della transizione ecologica. Un segnale di grande rilevanza per tutti.

Il 40% dell’energia consumata negli Stati Uniti non ha generato emissioni di CO2, cosa ne pensa?

Quando Trump annunciava operazioni pericolose per l’ambiente, come le trivellazioni nell’Artico, le centrali di carbone degli Usa sono state chiuse e riconvertite, tornando ai livelli del 1995, le aziende americane erano più avanti di Trump, ignorando le sue politiche. La decarbonizzazione è andata avanti moltissimo anche durante la sua amministrazione. Il concetto è che non conviene più andare avanti col carbone e i piani industriali sono spesso più avanti delle politiche governative. Anche la Cina si sta muovendo in tal senso.

 

NOTA SULL’AUTORE

Marco Frittella da quasi quarant’anni racconta con stile e professionalità la politica italiana dagli studi Rai. Giornalista politico-parlamentare, conduttore televisivo, è un volto noto e amato dai telespettatori. Ha seguito tutti i principali eventi del Paese, il Quirinale di Cossiga, la crisi della prima Repubblica, la fine del Pci, gli anni di Berlusconi e Prodi, l’affermarsi dei movimenti populisti e sovranisti. Inviato speciale, telecronista, caporedattore, notista. Dal 1997 docente Uni Tor Vergata, SSGRT Perugia, Uni Salerno.


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