Loujain, Raif, Jamal: le loro storie ci dicono cos’è davvero il “Rinascimento saudita”

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È proprio una curiosa coincidenza che la storica decisione del governo italiano di sospendere e, cosa ancora più importante, revocare le autorizzazioni in corso per l’esportazione di missili e bombe aeree verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (i due stati che guidano la coalizione militare in guerra contro le forze huthi nello Yemen) sia stata presa mentre risuonavano ancora le imbarazzanti parole e i salamelecchi del leader di Italia Viva Matteo Renzi nei confronti del principe ereditario saudita Mohamed bin Salman.
Se Orwell fosse ancora vivo, sono certo che avrebbe adottato le parole di Renzi per farne il titolo-ossimoro di un libro: “Il Rinascimento saudita”.
Ripassiamo brevemente gli elementi costituenti del “Rinascimento saudita”: le autentiche protagoniste delle riforme per porre fine alla discriminazione delle donne – Loujain al Hathloul, Nassima al-Sada, Samar Badawi, Maya’a al-Zahrani e Nouf Abdulaziz – sono in carcere dal 2018; Raif Badawi, il blogger frustato 50 volte in una piazza di Gedda nel 2016, sta scontando la condanna a 10 anni di carcere per aver pubblicato un forum online; Ali al-Nimr, Abdullah al-Zaher e Dawood al-Marhoon, tre rei minorenni condannati alla pena capitale al termine di processi farsa celebrati dal Tribunale antiterrorismo, sono nel braccio della morte in attesa dell’esecuzione.
Ricordiamo, infine, chi di quel “Rinascimento saudita” non potrà più compiacersi e bearsi: Jamal Khashoggi, il giornalista e dissidente trucidato nell’ottobre 2018 all’interno del consolato dell’Arabia Saudita a Istanbul.


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