Il nuovo DPCM del governo: chiude anche il teatro e la cultura

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«I teatri sono luoghi sicuri e necessari perché l’anima va curata al pari del corpo»: a scriverlo su facebook è Linda Ansalone dell’ufficio stampa e comunicazione del Tieffe Teatro Menotti di Milano, pochi minuti dopo la conferenza stampa in diretta televisiva del presidente del Consiglio Giuseppe Conte ieri sera 24 ottobre. Non si sono fatte attendere le critiche anche molto arrabbiate sui social da parte di centinaia di operatori del settore teatrale e artistico più in generale. Riccardo Ventrella scrive sul suo profilo facebook: «Chi fa il lavoro della cultura è destinato per sua natura a scontare momenti di avvilimento. In quasi venticinque anni di questo mestiere non sono stati pochi. Stasera (24 ottobre, ndr) è forse il più profondo, perché va ogni livello di comprensione dell’utilità di certe risoluzioni. Sono, o ancora per meglio dire sarebbero, mesi di paziente lavoro per adeguare tutto, buttati al vento. È, o ancora meglio dire sarebbe, molto amaro da mandare giù». Giancarlo Mordini, direttore artistico del Teatro di Rifredi (Firenze) ha postato una foto del recente “L’ira di Narciso”, lettura scenica di Carmine Maringola su testo di Sergio Blanco, con la dicitura: “60 eroi. Grazie”. Sono i sessanta spettatori ammessi in platea con tutti i dispositivi di protezione sanitaria obbligatori, seduti distanziati, immobili per tutto il tempo dello spettacolo. In realtà più che “eroi”, sono persone comuni ma generose e altruiste (pagando il biglietto sostengono il teatro) e forse più “eroi” sono anche gli altri che lavorano nella sanità. Ma tutti dimostrano il buon senso per rispettare le dovute precauzioni (ai medici e a tutto il personale sanitario dobbiamo dimostrare il massimo rispetto e stima per un lavoro rischioso  che svolgono).

Apparteniamo  ad una comunità a cui siamo chiamati a gestire con responsabilità il nostro ruolo professionale e umano. Sia che si parli di lavoro indispensabile, sia di quelle attività utili a fornire cultura e benessere psicosociale. Ora il decreto emanato dal governo farà discutere e molte decisioni prese saranno oggetto di contestazioni o critiche; quello che però è fuori discussione e incontestabile si chiama diritto e difesa alla salute. Le reazioni suscitate dopo la conferenza stampa di Conte sono frutto anche di un clima di esasperazione e preoccupazione che covava da troppo tempo, salvo una breve parentesi estiva, e vanno lette anche come legittima reazione per quello che accadrà nei prossimi mesi di emergenza sanitaria prorogata fino al 31 gennaio. Va detto però che il nuovo DPCM con le nuove misure per arginare la diffusione del SARS-CoV- 2 (i positivi stanno aumentando in modo esponenziale e i reparti di terapia intensiva iniziano a ricoverare sempre più pazienti), verrà comunicato ufficialmente oggi, domenica 25 ottobre, dopo un ulteriore confronto con le Regioni. Le preoccupazioni sono tante (non va dimenticato che anche il settore economico, commerciale, turistico, nuovamente a rischio fallimento).

Nel 2018 la contabilità nel settore teatrale (fonte SIAE) cita numeri importanti: 22.691.624 ingressi a teatro per un complessivo incasso di 472.772.225 Euro. Per quanto riguarda la musica concertistica il numero delle presenze due anni fa è stato di 38.933.233 per un totale di 513.728.842 Euro. Il totale complessivo fa 986.501.067 Euro. Senza contare l’indotto che si viene a creare. Cifre non risibili che dovrebbero spiegare come questo comparto ha una rilevanza importante per quanto riguarda il PIL nazionale. L’AGIS (Associazione generale italiana dello spettacolo) ha pubblicato le presenze a teatro dal 15 giugno al 10 ottobre; “2.782 spettacoli; 347.262 spettatori; 1 positivo accertato”.

Cifre che devono far riflettere sulla sicurezza nei teatri realizzata grazie ad uno sforzo notevole per garantire la tutela dei lavoratori e del pubblico. Non si comprende poi il motivo perché non sono state effettuate delle ispezioni da parte delle autorità sanitarie per verificare l’idoneità delle sale teatrale con l’obiettivo di controllare e certificare quanto è stato fatto. Se un ispettore deve vigilare nei luoghi di aggregazione sociale (ristoranti, bar, esercizi commerciali, ad esempio) forse era doveroso farlo anche nei teatri. Avrebbero riscontrato una totale efficacia delle norme come verificato di persona a Firenze, Trento e Bolzano.

Veronica Pitea, sempre su Facebook, spiega bene il problema: «Qualcuno mi spiega perché abbiamo investito con responsabilità, cura ed economie e i risultati li abbiamo e invece che premiarci e prenderci come modello, ci annientano?Parlo per i luoghi che conosco e so che le regole le rispettano eccome a volte fino a sacrificare opportunità come un servizio televisivo che farebbe comodo per la promozione degli spettacoli, se non è possibile aderire al protocollo. Realtà leali e in regola che conosco e in cui mi riconosco come il Teatro Elfo Puccini a Milano e Scenario Pubblico a Catania».

Fatto sta che ora l’Italia per scongiurare una nuova recrudescenza pandemica fuori controllo dovrà sottoporsi a nuovi sacrifici. L’agenzia Adnkronos cita il professor Andrea Crisanti in un’intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno: «Al punto in cui siamo giunti, e dopo aver sprecato tutto ciò che con grande sacrificio è stato fatto nei mesi scorsi, non resta che la chiusura delle attività. Ormai solo chiudendo tutto si può fermare l’epidemia». Sul Corriere della Sera del 23 ottobre Adriana Bazzi ha scritto: «”Confusione”: se si dovesse riassumere in una parola, la situazione Covid 19 in Italia oggi, sarebbe la più indicata, almeno nella testa della gente. Come uscirne? Intanto partiamo dalle impressionanti cifre dei bollettini giornalieri: ieri si parlava di “casi” oppure di “positivi”, tutti intercettati con i famosi tamponi. In crescita esponenziale. Ma che cosa questi termini nascondono in realtà?».

Giorgio Palù è professore ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università di Padova e direttore del Dipartimento di medicina molecolare e la giornalista del Corriere della Sera chiede all’esperto cosa ne pensa: «C’è tanto allarmismo. È indubbio che siamo di fronte a una seconda ondata della pandemia, ma la circolazione del virus non si è mai arrestata, anche se, a luglio, i casi sembravano azzerati, complice la bella stagione, l’aria aperta, i raggi ultravioletti che uccidono il virus. Poi c’è stato il ritorno delle vacanze, la riapertura di tante attività, e soprattutto, il rientro a scuola». Alla domanda di come interpretare i “casi” in aumento, il professor Palù spiega come sia fondamentale fare chiarezza: «Parliamo di “casi”, intendendo le persone positive al tampone. Fra questi, il 95 per cento non ha sintomi e quindi non si può definire malato. Le persone “contagiate”, venute a contatto con il virus, ma non è detto che che siano “contagiose”, cioè che possano trasmettere i virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento con i test disponibili a disposizione non è possibile stabilirlo. Il virologo non ha dubbi alla domanda se è il caso di chiudere tutto: «No, basta con l’isteria».

Quello che è sicuro è che regna sovrana la confusione tra emergenza e indispensabile provvedimenti su cui è necessario avere la massima razionalità per non ricadere nel caos da dove sarebbe estremamente difficile uscire. Nel frattempo la lettera pubblica redatta da “Vissi D’Arte Cultura Italiae (www.culturaitaliae.it) e inviata al presidente del Consiglio Conte (parlerà oggi pomeriggio in televisione) sta raccogliendo migliaia di adesioni da parte di operatori dello spettacolo, giornalisti critici teatrali, direttori artistici, tecnici di palcoscenico.

Gentile Presidente,
in merito all’intenzione di richiudere Teatri e Cinema, emersa fra i contenuti della bozza del prossimo Dpcm, e nell’esplicito tentativo di scongiurarne l’approvazione che avrebbe conseguenze nefaste sull’intero comparto culturale e sullo spirito dei cittadini, richiamiamo la Sua attenzione sui seguenti punti:
1) i lavoratori dello spettacolo dal vivo hanno messo il loro straordinario e personale impegno per riaprire Teatri e Cinema nel pieno rispetto dei protocolli per la tutela della salute. Essi sono luoghi sicuri dove il pubblico è seduto con mascherina e non parla durante la rappresentazione. L’uscita e l’entrata sono regolati e rispettano il distanziamento. Questi luoghi rappresentano oggi un esempio virtuoso di gestione degli spazi pubblici in epoca di pandemia.
2) Abbiamo riconquistato faticosamente il nostro pubblico, spesso titubante e confuso da una comunicazione altalenante e ansiogena, a riacquistare i
biglietti, rassicurandolo sulla certezza degli spettacoli e sulla scrupolosa adozione di tutte le misure di sicurezza.
3) Per quanto concerne i teatri, abbiamo riavviato l’attività di produzione degli spettacoli sospesi, investendo pertanto nuovamente per il loro riallestimento;
4) Abbiamo riprogrammato tournée e uscite cinematografiche assumendoci enormi rischi, investendo e scommettendo quindi anche sul futuro, malgrado lo stato di incertezza dominante;
5) Abbiamo fatto rientrare tutti i dipendenti dalla Cig, garantendo loro non solo la giusta retribuzione ma soprattutto la dignità del lavoro.
6) l’ultimo punto sul quale richiediamo l’attenzione è il più importante in assoluto: chi opera nel settore della cultura è consapevole dell’importanza che essa ricopre soprattutto in momenti difficili come quello che ci troviamo ad affrontare. Sarebbe un grave danno per i cittadini privarli della possibilità di sognare e di farsi trasportare lontano oltre i confini della propria quotidianità.
È soprattutto per l’importanza di non privare l’Italia del proprio immaginario collettivo, Presidente, che le chiediamo a nome della Associazione Cultura Italiae che rappresento, e dunque di tutti i comparti e i generi dello Spettacolo dal vivo, dei Produttori Cinematografici, degli Artisti, degli Esercenti, di mantenere i luoghi della cultura aperti!
Siamo importanti per la società civile perché vi supportiamo nel vostro difficile compito istituzionale a mantenere elevato lo spirito dei cittadini, nella piena consapevolezza delle sofferenze che stanno incontrando a livello personale, familiare e professionale. È soprattutto in questa seconda ondata che ne avremmo più bisogno.
Il teatro e il cinema non possono fermarsi perché sono la riserva invisibile di senso, per la vita pubblica e individuale dei nostri concittadini.
Tuteliamo la parte visibile di questa riserva di senso.
Confidiamo in lei.


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