Iran. Giustiziato il wrestler che protestava per la libertà

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É stato giustiziato nella sua città natale Shiraz, in Iran all’alba di sabato 12 settembre il campione di wrestling Navid Afkari.

Era stato arrestato dopo aver preso parte alle proteste antigovernative del dicembre 2018. Afkari aveva ricevuto due condanne a morte: una per il presunto omicidio di Hassan Torkaman un membro del Basij locale di Shiraz, l’ala dei volontari delle Guardie rivoluzionarie e impiegato presso l’organizzazione idrica della città, e una seconda per moharebeh, o “guerra a Dio”, per aver preso parte alle proteste. In carcere era stato brutalmente torturato fino ad ottenere una confessione fittizia del reato.

Il suo caso dopo la condanna a morte, aveva subito suscitato l’indignazione internazionale, in particolare da parte di associazioni sportive che chiedevano la clemenza per l’atleta.

Gli avvocati di Navid hanno dichiarato che al loro cliente non é stato concesso nemmeno l’ultimo saluto alla famiglia come previsto dalla legge. Il team dei legali stava preparando un’ultima mozione giudiziaria per la revisione del caso.

Il Comitato Olimpico Internazionale si è detto scioccato e rattristato dall’esecuzione.

“È sconvolgente che le suppliche degli atleti di tutto il mondo e tutto il lavoro dietro le quinte della I.O.C., insieme alla N.O.C. dell’Iran, la United World Wrestling e la National Iranian Wrestling Federation non abbiano raggiunto l’obiettivo “, ha detto il comitato in una dichiarazione, riferendosi ai gruppi sportivi iraniani ed internazionali.

Sebbene Afkari non avesse mai gareggiato alle Olimpiadi, molti avevano sollecitato l’I.O.C. ad agire per la sua causa; il presidente, Thomas Bach, si era rivolto direttamente al leader dell’Iran e al Presidente supremo del paese, chiedendo la grazia per Navid.

Molti illustri personaggi del mondo sportivo, ma anche accademico e dello spettacolo attraverso messaggi sui social, avevano espresso grande preoccupazione per la sorte di questo giovane di 27 anni. Ora gli stessi si chiedono come mai ci sia stata questa fretta nell’eseguire la condanna a morte.

“Perché c’era fretta di eseguire la sentenza?” ha twittato Mohammad Ali Abtahi, un ex vice presidente della presidenza di Kathami che é spesso critico nei confronti del governo.

Ed ha suggerito che la magistratura potrebbe aver accelerato l’esecuzione proprio in risposta alla protesta internazionale.

L’Iran ha giustiziato 251 persone l’anno scorso, più di qualsiasi altro paese tranne la Cina, secondo Amnesty International.

In una delle sue ultime registrazioni dalla prigione, Navid aveva detto “Stanno cercando un collo per appendere la loro corda” e che le autorità iraniane non volevano ascoltare i suoi appelli.

Secondo i media iraniani, il capo della magistratura locale Seyed Kazem Mousavi, ha dichiarato che la sentenza per “qesas”, la ‘legge del taglione islamica’, è stata eseguita dopo il dovuto processo giudiziario e su insistenza della famiglia della vittima”. Secondo la legge iraniana, i parenti di sangue di una vittima possono perdonare un imputato, spesso dopo il pagamento del risarcimento chiamato Diya.

La dichiarazione di Mousavi viene peró contraddetta dalle parole dell’avvocato della famiglia del wrestler Hassan Younesi che ha affermato su Twitter “che la famiglia di Hassan Torkaman, era disposta a negoziare ”

La data per l’incontro era fissata per domenica 13 settembre. Ma la Magistratura ha volutamente eseguito la condanna prima dell’incontro per paura forse che la mobilitazione internazionale sarebbe riuscita a salvarlo alla morte.

Il giornalista e attivista per i diritti umani Mehdi Mahmoudian, che sta seguendo il caso ha dichiarato: “Mi stavo imbarcando su un volo per Shiraz con il fratello di Navid, Saeed, per incontrare la famiglia della vittima che aveva accettato un incontro per parlare di perdono. Ma prima che l’aereo partisse ci hanno chiamato per informarci che Navid era stato giustiziato”.

Le autoritá hanno eseguito l’esecuzione prima che le famiglie Torkaman e Afkari potessero incontrarsi. Quindi la magistratura iraniana ha violato la sua stessa legge che permette alla famiglia della vittima di perdonare l’assassino.

Il corpo di Navid é stato restituito alla famiglia e sepolto vicino a Shiraz alla presenza delle autoritá. Il video di quella sepoltura é accessibile a tutti sui social media e le grida strazianti della madre sono l’ennesima riprova della crudeltá del regime iraniano.

Anche i fratelli di Navid ,Vahid e Habi, sono stati condannati a 54 anni e sei mesi di carcere piú 74 frustate e 27 anni e tre mesi di carcere piú 74 frustate, rispettivamente.

Ora ci aspettiamo che ci sia una mobilitazione globale per chiedere l’intervento di un Tribunale Internazionale che indaghi sui processi iniqui e le confessioni estorte sotto tortura che avvengono in Iran.

Perché rimanendo silenti saremo complici di tali crimini.


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