Tragedia e surrealismo nella torbida crisi venezuelana

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Non era una messa in scena del governo di Caracas l’intercettazione e la cattura di mercenari inviati ad assassinare Nicolas Maduro, il suo vice Diodato Cabello, e a mettere qualche bomba dove possibile al fine di scuotere gli impassibili generali della Repubblica bolivariana. Due veloci anfibi da sbarco partiti il 3 maggio scorso dalla confinante Colombia, hanno trasportato una quindicina di esperti combattenti su una rinomata spiaggia turistica, a la Guaira, al nordovest della capitale. Ma i primi avevano appena messo i piedi all’asciutto che si sono trovati circondati da gruppi delle Forze Speciali di polizia e del Controspionaggio dell’Esercito. Testimoni e giornali locali parlano di sparatorie durate a lungo nel primo chiarore dell’alba lucida dei Caraibi.

Divenuta ideologicamente sclerotizzata con Nicolas Maduro, l’intransigenza del regime imposto vent’anni fa da Hugo Chavez per l’inanità e la corruzione dei partiti tradizionali, resta tuttavia capace di difendersi dalle insidie non meno sconsiderate che ribollono nelle opposizioni da tempo apertamente in ribellione. Senza che in una crisi sempre più tragica, che spinge alla disperazione milioni di venezuelani privi ormai d’un credo politico, nessuna delle due parti si mostri capace di evitare almeno i toni romanzeschi, degni di Graham Greene e delle sue antropologiche esplorazioni nella mancanza di coscienza e nella sovrabbondante ambiguità di personaggi i cui epigoni si trovano oggi ingiustificatamente a fare la storia di questo disgraziato paese.

Il governo ha dimostrato di controllare il territorio nazionale; ma non ha fatto nessun vero passo avanti nel controllo della crisi. Le opposizioni hanno subito un ulteriore scacco, che certo non le aiuta a ricomporre le divisioni da sempre esistenti, fattore probabilmente non estraneo ai loro fallimenti, numerosi e talvolta clamorosi. Queste e quello appaiono prigionieri di un circolo vizioso e luttuoso, che non permette vincitori né vinti, solo un ricorrente circolo in cui si susseguono colpi di mano, scontri di piazza, trattative strumentali e inconcludenti, minacce e ricatti internazionali, congiure e sangue. Che acutizzano le privazioni quotidiane della massa delle persone, ora insidiate e colpite anche dalla pandemia del Covid19 e con un sistema sanitario che fa acqua da ogni parte.

Una metà degli attentatori sono rimasti uccisi, gli altri catturati e basta il buon senso per immaginare che siano sottoposti a pesanti interrogatori. Tra loro ci sarebbe anche un agente  colombiano o venezuelano della DEA, la Drug Enforcement Administration, la potente polizia Antidroga degli Stati Uniti. Si spiegherebbe così l’affrettata excusatio non petita … di Juan Guaidó, il contestato presidente della Camera dei Deputati a sua volta autoproclamatosi oltre un anno fa capo provvisorio dello stato, riconosciuto da decine di paesi tra Europa e America, con gli Stati Uniti alla testa. Ha dichiarato di non saperne niente, che i sospetti del governo erano calunnie. Però morti e prigionieri sono reali e soltanto dei primi si può essere sicuri che non parlino.

Devono aver fatto la medesima riflessione Juan José Rondon, ex militare, e l’ex deputato Sergio Vergara, entrambi membri del consiglio strategico di Juan Guaidó, ma residenti a Miami, in Florida. I quali si sono presto dimessi dall’incarico con una lettera resa pubblica in cui affermano che l’autoproclamato presidente provvisorio era all’oscuro di tutto e loro stessi non hanno mai autorizzato la mini-invasione. Ma consapevoli di aver preso un impegno scritto con gente abituata a fare sul serio, hanno precisato di aver contrattato la società Silver Corp, la cui ragione sociale è il noleggio di gruppi scelti di combattenti professionali, anzi gli hanno anche anticipato 50mila dollari, per un’operazione mirata a liquidare una volta per tutte i capi del governo venezuelano.

Ma a quest’operazione di cui hanno discusso il prezzo e i piani operativi, logistica e servizi di appoggio, date, tempi e modalità, numero degli uomini da impiegare, armamento e tutto il resto, non avrebbero mai dato l’OK definitivo, il nulla osta all’attacco. Sarebbe stato Jordan Goudreau, probabilmente il proprietario, comunque quello che ci mette la faccia, il capo della Silver Corp , assai noto nel loro ambiente, ad aver fatto di testa propria, non si sa se per eccesso di zelo o altre inconfessabili ragioni. E’ questa la mezza verità di Rendon e Vergara. I tradimenti, i narcotrafficanti utilizzati come intermediari, le spie doppie e triple, i coinvolgimenti politici al più alto livello, i complotti e i milioni di dollari che passano di mano in questo genere di transazioni commerciali, restano occulti nell’altra metà.


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