Silvia Romano liberata nella fattoria Occhi Piccoli di Afgoye

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Nei mesi scorsi più volte, organizzando la trasmissione “Africa Oggi” per Radio Radicale, abbiamo cercato
informazioni sul destino di Silvia Romano e ripetutamente avevamo avuto segnali della sua esistenza in vita.
Coscienziosamente, però, avevamo accettato di tacere sull’argomento per non turbare il delicato lavoro di
chi si stava adoperando per restituirla alla libertà.
Oggi possiamo dire che chi è riuscito a stabilire un contatto con i sequestratori di Silvia Romano sono stati i
servizi segreti somali (NISA) sotto la guida del capo Fahad Yasin Haji Dahir, già giornalista di Al Jazeera
nonché consigliere tra i più ascoltati dal Presidente Farmajo. Del resto Farmajo era molto interessato alla
liberazione di Silvia Romano perché il rapimento era avvenuto proprio durante la sua visita ufficiale in Italia.
Fahad Yasin Haji Dahir è considerato tra i personaggi più influenti della Somalia ed è stato artefice, grazie ai
suoi buoni rapporti col Qatar, dell’elezione di due presidenti della Repubblica Federale di Somalia nel
periodo post transizione: il presidente Hassan Sheikh Mohamud nel 2012 e Mohamed Abdullahi Mohamed
detto Farmajo del 2017.
LItalia, la Turchia, il Qatar e la Somalia hanno tutti dato un contributo alla liberazione di Silvia Romano
sotto la regia del capo del NISA che è stata la vera figura centrale del rilascio della nostra connazionale.
LItalia era ovviamente interessata alla liberazione di Silvia Romano secondo una dottrina che non ha mai
abbandonato a se stessi gli ostaggi italiani in qualunque scenario di crisi nel mondo.
La Turchia ha fatto da garante nel pagamento del riscatto assicurando che i soldi non sarebbero stati preda
di avventurieri e millantatori. Ha inoltre offerto alla missione apparecchiature tecnologiche.
Il Qatar è servito da garante per il buon trattamento dellostaggio. In passato il Qatar è stato accusato di
finanziare gli Al Shabab tanto che questa accusa fu uno degli argomenti sostenuti dallArabia Saudita
quando, nel 2017, impose a numerose nazioni del Golfo e ad alcuni alleati linterruzione dei rapporti
diplomatici. Di simili finanziamenti non cè mai stata prova, ma si ritiene che il Qatar abbia contatti con
esponenti degli Al Shabab alla ricerca di una riconciliazione generale del popolo somalo e di uno sbocco
dignitoso per i miliziani ove rinunciassero alla lotta armata. Un trattamento umanitario dellostaggio
avrebbe favorito il disegno dellemirato.
Del resto, Qatar e Turchia sono alleati in politica economica e in molti altri scenari di geopolitica, dalla
questione siriana ai Fratelli Musulmani, dalla contrapposizione allEgitto di Al Sisi, giunto al potere dopo
aver rovesciato il Fratello Morsi, al sostegno ad Al Serraj in Libia. La convergenza di Turchia e Qatar in
Somalia è un altro dei punti di contatto fra i due Stati e luomo snodo di questalleanza è proprio Fahad
Yasin Haji Dahir dalle cui mani è passata la pianificazione della liberazione di Silvia Romano.
Oggi si può ricostruire che una decina di giorni fa Fahad Yasin Haji Dahir è volato da Mogadiscio a Kismayo,
a circa 300 chilometri dal confine col Kenya, col compito ufficiale di favorire un riavvicinamento tra il
Governo centrale e Ahmed Madobe che il Presidente Farmajo aveva considerato illegittimamente rieletto
per la terza volta a capo dello stato meridionale del Jubaland col sostegno del confinante Kenya,
nonostante lo Statuto consentisse la rielezione per due sole volte.
Quel viaggio ha favorito però anche il dialogo per il rilascio dell’ostaggio con l’acquisizione di un’ulteriore
prova della sua permanenza in vita. Successivamente cè stato il trasferimento della prigioniera in
prossimità di Afgoye, una cittadina posta a una trentina chilometri a sud di Mogadiscio, ma ormai quasi
inglobata nella tentacolare capitale. Qui Silvia Romano ha atteso qualche giorno la liberazione.
Lo scambio tra la prigioniera ed il saldo del suo riscatto è avvenuto in prossimità della fattoria di Haji Mire
Indha Yare (detto Occhi Piccoli), un gentile signore che apparteneva al gruppo “Il Manifesto” che nel 1989,
sotto la guida dell’avvocato Ismail Gimale Ossoble, si oppose a Siad Barre. Quel movimento sfociò poi
nell’USC – United Somali Congress – che venne infine preso in mano dal Gen. Mohammed Farah Hassan,
detto Aidid che fu determinante per la caduta di Siad Barre.
Il puzzle degli interventi ha portato al successo della missione di cui tutti non possono che rallegrarsi. In
particolare, saranno stati compiaciuti anche i capi di Al Shabab, mentre stavano accomodati sui loro fadhi
arbed, i cuscini a diretto contatto con i tappeti, accarezzandosi con una mano le lunghe barbe tinte di rosso
con l’henné e snocciolando il Tusbah con l’altra mano, quando hanno potuto assistere, via internet, alle
immagini di Silvia Romano che scendeva sulla pista di Ciampino dal Phantom dei nostri servizi provenient
dalla Somalia. Avranno apprezzato, in quelle immagini di Silvia Romano, la copertura del capo col mantello
verde e l’uso della mascherina protettiva che l’ha fatta apparire come vestita col burka. Se ne saranno
compiaciuti per il mantenimento, nonostante la liberazione, dell’osservanza della religione islamica alla
quale lei stessa ha dichiarato di aver spontaneamente aderito. Un innegabile successo di immagine per chi
fino a ieri era considerato niente più che un gruppo di terroristi tagliagole.

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