Mattarella tutore del governo Conte

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Crisi di governo schivata. Tasse sulla plastica non riciclabile ridotte e rinviate. Tagliati e posticipati anche gli inasprimenti fiscali sulle bibite zuccherate e sulle auto aziendali. Ora la manovra economica va al voto in Parlamento per essere approvata entro dicembre a passo di carica. Matteo Renzi già all’inizio di novembre aveva intimato a Giuseppe Conte di eliminare «le microtasse dannose» perché «significa fare un regalo a Salvini».

Ma il presidente del Consiglio nonostante continui incontri e vertici di maggioranza sulla legge di Bilancio 2020 non era riuscito a mettere d’accordo il leader di Italia Viva con il M5S (il principale promotore dell’aumento delle imposte in chiave ecologica), Pd e Leu. Un mese di trattative ininterrotte non era approdato a nulla. Alla fine Conte è andato da Sergio Mattarella. Conte venerdì 6 dicembre ha avuto un colloquio con il  presidente della Repubblica al Quirinale e, magicamente, tutto si è risolto. Sono emerse le modifiche alla manovra economica che hanno messo d’accordo tutti e quattro i partiti del governo giallo-rosso.

Il presidente del Consiglio ha commentato stremato ma soddisfatto in una conferenza stampa, in polemica con il segretario della Lega ma anche con Renzi: «Nessuno dica che siamo il partito delle tasse…Abbiamo scongiurato la recessione». Renzi ha cantato vittoria su Facebook: sulla manovra «abbiamo vinto noi» impedendo «l’aumento delle tasse».

Il vero vincitore, però, è Mattarella, sempre più spesso in campo. Nei passaggi più difficili per il Conte due è sempre intervenuto il Quirinale scongiurando il rischio di una crisi. Così è successo anche con l’ex Ilva, quando l’ArcelorMittal ha minacciato di chiudere l’acciaieria di Taranto senza un taglio all’occupazione di ben 5 mila lavoratori. Il presidente della Repubblica il 7 novembre ha ricevuto Conte al Quirinale dicendosi “preoccupato” ed invitando ad una rapida soluzione per garantire la produzione e l’occupazione nell’acciaieria. Mattarella è in apprensione per le tante, troppe crisi aziendali (come l’ex Ilva, l’Alitalia e la Whirpool) che minacciano il tessuto industriale e la “coesione sociale” del paese.

Per spingere verso una soluzione ed evitare un pericoloso scontro sociale, Mattarella il 18 novembre ha visto perfino i sindacati sull’ex Ilva. Landini, Furlan e Barbagallo, segretari di Cgil, Cisl e Uil, scena inedita, sono saliti al Quirinale e hanno ottenuto il sostegno alla necessità di rilanciare il centro siderurgico di Taranto realizzando le necessarie bonifiche ambientali. A quel punto sono ripartiti i negoziati tra il governo giallo-rosso e la multinazionale franco indiana che ha fatto marcia indietro sulla decisione di cominciare spegnere gli altoforni a dicembre.

L’interventismo di Mattarella poggia sulla sua autorevolezza. La “moral suasion”, la “persuasione morale”, del capo dello Stato funziona. Il protagonismo dell’inquilino del Quirinale, felpato ma deciso, è senza precedenti: spazia dalla politica estera (per chiedere il rispetto delle tradizionali alleanze occidentali dell’Italia, dalla Ue alla Nato, dai possibili “strappi’ del sovranismo grillino e leghista) fino alla politica fiscale e a quella industriale. Mattarella è attento a non valicare i suoi poteri istituzionali ma la debolezza del Conte due, come del resto anche quella del precedente Conte uno sfiduciato e caduto ad agosto per mano di Salvini, lo ha spinto ad un protagonismo crescente. Ha acquisito di fatto un ruolo di tutore, di dominus, verso il governo giallo-rosso. Anche l’ultimo intervento per le tasse sulla plastica è andato in buca. Un fatto è certo, la sua popolarità è in forte crescita: alla “Prima” del Teatro alla Scala di Milano è stato accolto da un uragano di quattro minuti di applausi.


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