Se le Sardine e gli ambientalisti si prendono per mano… 

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Non è necessario citare Enrico Berlinguer e la sua celebre riflessione sulla necessità che i giovani e i lavoratori si prendano per mano per sconfiggere un vecchio potere fondato sul privilegio e sull’ingiustizia. Basta guardare a ciò che sta avvenendo ovunque nel mondo: dal Regno Unito di Corbyn agli Stati Uniti di Sanders, con i giovani protagonisti del cambiamento, di manifestazioni oceaniche, di una lotta per i diritti e la dignità della persona che profuma tanto di Sessantotto e che non si vedeva da quasi mezzo secolo.
Ricorrono quest’anno i cinquant’anni da alcune vicende decisive: l’autunno caldo degli scioperi nelle fabbriche, la radiazione del gruppo del Manifesto dal PCI, la “strage di Stato” che ebbe luogo il 12 dicembre a Milano, in piazza Fontana, presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura, ponendo fine al decennio della speranza e dando il là agli Anni di Piombo, con il loro carico di violenze, tensioni e barbarie d’ogni sorta.

Nessuno dei protagonisti delle piazze che stanno animando questo autunno di pacifica rivolta era, all’epoca, neanche nella mente di Dio; fatto sta che lo spirito e la passione civile sono gli stessi, al pari dell’eco mediatica e della profondità delle rivendicazioni. Diverso, diversissimo è il contesto nazionale e globale: i ventenni di oggi non hanno un Vietnam contro cui scagliarsi né partiti cui rivolgersi o da contestare, anche aspramente, essendo venuta meno la dialettica politica e, in molti casi, lo stesso dibattito pubblico. Eppure, l’amore per i beni comuni è rimasto intatto, ha resistito al thatcherismo, all’individualismo, agli anni Ottanta, al disimpegno e alla devastazione che, almeno in Italia, ha fatto seguito alle vicende di Tangentopoli e alla drammatica stagione di sangue che caratterizzò il biennio ’92-’94.

Li abbiamo già incontrati questi ragazzi: gli ambientalisti che si ispirano alla battaglia della svedese Greta Thunberg e le Sardine che, a Bologna, hanno messo in moto un movimento che è andato ben al di là delle loro aspettative. Il che dimostra che questi giovani hanno colmato un vuoto: l’abisso della politica, la scomparsa della rappresentanza, la morte del M5S, almeno per come lo avevamo conosciuto o ce lo eravamo immaginato in questi anni. Hanno avuto la forza di inventarsi qualcosa di semplice, di bello, di comprensibile, di non urlato, di aggregante: un soggetto che non è ancora partitico, e forse non lo sarà mai, ma è già estremamente politico, ricco di valori, di ideali, di sorrisi. Un soggetto che parla a quell’ampia fetta della società che non si riconosce in Salvini e nelle sue grida, che non ha alcuna intenzione di spostarsi a destra, che rifiuta il cattivismo, che crede nell’accoglienza, nell’integrazione e nel rispetto per il prossimo. Un soggetto che ci ha detto con franchezza quanto sia necessario, proprio in quest’era di social network e piattaforme virtuali, riscoprire la bellezza dell’incontro, l’idea di prendersi per mano, di mangiare lo stesso pane, di guardarsi negli occhi e di parlarsi, dopo trent’anni trascorsi a fuggire, a rinchiudersi in casa, a far chiudere sezioni, circoli, centri culturali, librerie, biblioteche e, talvolta, persino le parrocchie.
Le Sardine hanno portato in piazza una rabbia più colta e riflessiva rispetto a quella che squadernò il “vaffa” grillino ma non per questo meno effiace, meno potente, meno mobilitante. Hanno mostrato a tutti, maggioranza e opposizione, che c’è una nuova generazione che non intende essere passiva di fronte alle sfide della collettività, in questo secolo globale in cui le distanze si sono accorciate ma, al contempo, sono state innalzate barriere, virtuali e reali, come non avveniva da decenni. Ci hanno ricordato, in poche parole, che non si può essere felici in solitudine, che non si può tornare a crescere se non si torna a essere una comunità solidale in cammino, che l’inganno dell’ultimo trentennio è fallito ma non è ancora stato sconfitto culturalmente, come purtroppo testimoniano l’imbarazzante moderatismo e l’estenuante prudenza dei partiti della sinistra al cospetto di ogni novità.

Ora è giunto il momento di un ulteriore incontro. Sardine e movimenti ambientalisti devono scendere in piazza insieme, unendo il desiderio di buona politica alla battaglia per difendere il paesaggio e il territorio, per contrastare i cambiamenti climatici, per dar vita a un nuovo modello di sviluppo all’insegna del rispetto dell’uomo e dell’ambiente. È l'”ecologismo integrale” di cui ha parlato il Pontefice in più di un’occasione, e la speranza è che la nuova ondata di piazze appassionate e ricchissime di princìpi e di bellezza cui abbiamo assistito questa settimana costituisca davvero la base per una svolta non più rinviabile.
Un piccolo consiglio a questi miei coetanei, in particolare ai più giovani: non aspettate che la politica venga a cercarvi e, al tempo stesso, non la rifiutate. Non siate anti-politici, populisti e inutilmente volgari. Siate, piuttosto, radicalmente critici, dei chierici vaganti dell’età contemporanea, pronti a mettervi in viaggio verso una meta che forse oggi ancora non si vede ma che si chiama convivenza civile. E, per richiamare il leader politico con cui abbiamo aperto quest’articolo, sappiate che è una prova che può valere una vita.


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